venerdì 22 agosto 2008

Perry, Contesti



"trattare l'epistemologia del linguaggio senza il contenuto riflessivo, e senza le relazioni tra la conoscenza circa i proferimenti e la conoscenza del mondo che esso riflette, sarebbe una impresa senza speranza di riuscita"
p. 120



Contesti (De Ferrari, Genova, 2002, pp. 159) raccoglie le lezioni tenute da John Perry (professore alla Stanford University) all'Università di Genova nel maggio 2000.

Il libro si incentra principalmente sull'analisi degli indicali. In particolare, i rapporti tra gli indicali e la cognizione, la loro differenza rispetto ai nomi e ai dimostrativi e il problema della co-referenzialità vengono trattati attraverso una teoria riflessivo-referenziale che ammette due livelli di contenuto (anzi, tre, cfr. pp. 79 e 86, ma i più importanti sono due): il contenuto indicale e il contenuto referenziale. Il contenuto indicale è riflessivo (ossia verte sul proferimento di cui fornisce le condizioni di verità) e, secondo Perry, coincide con il contenuto cognitivo. Il contenuto referenziale, invece, coincide con quello che Perry chiama 'contenuto ufficiale', ossia con ciò che il parlante dice. Attraverso tale teoria, e, in particolare, attraverso il contenuto riflessivo (indicale) di asserzioni e credenze, l'a. tenta di integrare il referenzialismo, cui pure aderisce, superandone alcune difficoltà e incongruenze.

Il libro contiene spunti e riflessioni estremamente utili per quanti vogliano approfondire questi temi o iniziare a farsene un'idea. Tuttavia, nonostante l'abbondanza di esempi e una certa ripetitività nei contenuti, non è un testo facile, specie per quanti, come la sottoscritta, non si occupano professionalmente di questi temi.

La terminologia è oscillante e spesso le locuzioni usate non sono rigorosamente definite e le ridefinizioni, quando ci sono, risultano eccessivamente frammentarie - qualche esempio: a p. 99 si usa l'espressione 'contenuto incrementale' mai introdotta e definita prima; rispetto ai contenuti si oscilla continuamente tra definirli come condizioni di verità (es. p. 86) o come proposizioni (es. pp. 79, 115 e passim - è ovvio che per Perry le due cose si equivalgono, ma il lettore gradirebbe qualche lume al riguardo) e, inoltre, non è chiaro che relazione vi sia tra le ridefinizioni dei contenuti incentrate sulle cognizioni dell'ascoltatore (p. 86) e le considerazioni relative alla riflessività; la nozione, pure centrale, di significato cognitivo, non è del tutto chiara; in generale si fatica a cogliere il senso di alcune distinzioni e la portata di alcuni problemi - qualche chiarimento in più sul referenzialismo (e sulla poszione opposta, il descrittivismo) non avrebbe certo guastato. Tutto ciò, lo ripeto, agli occhi di una profana.

E' molto interessante la tesi secondo cui non esistono "le" condizioni di verità in astrazione da ogni contesto, ma bisogna distinguere diversi livelli di condizioni di verità a seconda dell'informazione disponibile. Tuttavia desta qualche perplessità il fatto che Perry parli di condizioni di verità di un enunciato, di un testo - sostenendo che anche di fronte ad un messaggio m scritto in una lingua sconosciuta sia possibile stabilire le condizioni che dovrebbero essere soddisfatte perché m sia vero - "m è vero se c'è una proposizione P, tale che nel linguaggio in cui m è scritto le sue parole hanno un certo significato, e nel contesto in cui m è stato scritto, le parole con quel significato esprimono P, e P è vera" (pp. 83-4).
Normalmente si ritiene, infatti, che gli enunciati non abbiano condizioni di verità, che solo le proposizioni (gli enunciati interpretati) possano essere vere o false. Parlare di condizioni di verità di un testo sembra un modo ellittico di esprimersi: un modo per dire che il testo esprime una proposizione vera. Sotto questo punto di vista, è banale sostenere che un testo è vero solo se esprime proposizione vera - banale ma non corretto, in quanto impreciso.
Altrettanto strano mi sembra parlare di 'condizioni di verità di un proferimento' (espressione che ricorre in continuazione), visto che Perry definisce i proferimenti come "atti intenzionali" (p. 34).

In ogni caso credo che il problema maggiore di questo libro consista nel fatto che esso raccoglie dei testi presentati oralmente senza rielaborarli in modo adeguato, senza amalgamarli così da renderli adatti al formato testuale e pienamente fruibili anche per il lettore che, a differenza degli studenti presenti a lezione, non può avvantaggiarsi di ulteriori chiarimenti.

Infine, a p. 115 o c'è un (5) al posto di un (T) e un (4) al posto di un (5) oppure io non ho capito nulla - e non è affatto improbabile che sia la seconda.

4 commenti:

Anonymous ha detto...

domani in spiaggia mi porto il sudoku per risolutori esperti e le lezioni del prof. perry

Anonymous ha detto...

leggere l'intero blog, pretty good

Anonymous ha detto...

La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu

Anonymous ha detto...

good start