martedì 30 dicembre 2008

I più letti, i più cercati

A corto di tempo e di idee, faccio il punto sull'andamento di questo blog nell'anno che sta per finire. Insomma, un bel post autoreferenziale.
Quasi 9.000 visitatori unici, ossia quasi 9000 persone sono incappate (per scelta o per errore) in una delle pagine di questo blog. Non so se è poco o tanto, comunque mi fa piacere.

I 5 post più letti del 2008:
1) Allen Carr, Easy way più di 1200 visite
2) Dino, Buzzati, Sessanta racconti più di 500
3) Cuba quasi 450
4) Blitris, La filosia del dr. House quasi 440 visite
5) Ljubljana 420 visite

Da questi dati si possono trarre almeno 2 riflessioni.
1) Considerate le numerossissime visite alla recensione del libro di Allen Car su come smettere di fumare, direi che la dipendenza da nicotina è un problema serio per moltissime persone. E lo stato continua a lucrare sulle sigarette, e nei film e nei libri e nelle copertine dei rotocalci alla moda continuano a campeggiare immegini di star e starlette sfumazzanti.
E poi proibiscono la marjuana!

2) Posto che questo blog parla di viaggi, filosofia, narrativa, libri vari e cinema, direi che, vista la classifica di cui sopra, se ne può concludere che di cinema non gliene importa nulla a nessuno.

Le 10 parole-chiave più ricercate del 2008:
1) easy way
2) francesca poggi
3) easyway
4) pastorale americana
5) furore steinbeck
6) blitris
7) positivismo giuridico
8) grice
9) zizek
10) il più bel libro

Se vi state chiedendo 'Ma come si fa ricercare come parola-chiave il più bel libro?' sappiate che al trentesimo posto campeggia la parola chiave 'geco domestico' - ma dov'è che parlo di gechi domestici??

domenica 28 dicembre 2008

Camilleri, L'odore della notte


L'imprenditore Gargano è scomparso con i soldi degli investitori: benché l'indagine non sia di sua competenza, Montalbano si ritrova ad indagare. Nel frattempo: Montalbano rivede Françoise, continua nei suoi rapporti tesi col Questore e qualcosa sembra smuoversi nella sua relazione con Livia - nel mentre, il suo vice, Mimì Augello, afflitto, come Kierkegaard, dal lacerante dilemma 'Mi sposo o non mi sposo', rinvia di un mese le nozze e si concede una fugace avventura con un'avvenente testimone.

Lo confesso: non avevo mai letto i romanzi di Andrea Camilleri su Montalbano anche per una sorta di pregiudizio nei confronti del genere - non tanto quello dei romanzi "gialli" (come dice la mia mamma per riferirsi indiscriminatamente a tutti i romanzi polizieschi), quanto quello dei romanzi scritti in serie, sfornati a ritmo industriale, tutti incentrati intorno ad un unico protagonista. Insomma: la mia idea tipica di romanzo è quella in stile Delitto e castigo - un unico gigantesco irripetibile tomo!

Ebbene: devo proprio ricredermi! Questo romanzo è entusiasmante! Il personaggio del commissario Salvo Montalbano ed anche gli altri personaggi che gli ruotano attorno sono descritti magistralmente: così credibili, che sembra di conoscerli da sempre.
Ma soprattutto è entusiasmante il linguaggio - sgargiante e realistico - di Camilleri: un misto, perfettamente dosato, di italiano e dialetto siciliano - roba che non si leggeva dai tempi di Verga!

Se proprio devo trovare un appunto non mi è piaciuto il riferimento a Faulkner, l'idea che Montalbano si ritrovasse ad un certo punto a vivere in uno dei suoi racconti (Omaggio a Emilia) - una nota surrealista di cui non si avvertiva alcun bisogno.

E adesso vado a leggermi La gita a Tindari

Segnalo, sul blog di Zack, la recensione di La vampa d'agosto

domenica 21 dicembre 2008

Sterling, Artificial Kid


A seguito di un colpo di stato, l'esotico pianeta Reverie e i suoi anelli articiali, sono governati da una plutocrazia, la Cabala, che, invero, pare esercitare il suo potere in maniera quantomai discreta, lasciando che gli abitanti (per lo più vecchissimi e ricchissimi) sguazzino tra droghe, feste ininterrotte e cruenti combattimenti nella zona Decriminalizzata, all'insegna di una video-cultura radicale, dove se non appari non esisti.
Un giorno però il vecchio fondatore, Moses Moses, che tutti credevano morto, si risveglia dal suo sonno criogeno scatenando la furia della Cabala (o, almeno, così pare) e costringendolo alla fuga insieme a due compagni di sventura: Artificial Kid, un idolo dei video da combattimento, e Sant'Anna due volte nata, una fanatica religiosa esiliata su Reverie.

La narrazione si fa più avvincente da metà libro in poi, ma, nel complesso, questo romanzo è alquanto deludente: tanti, troppi, temi - la video-dipendenza, la violenza-spettacolo, l'immortalità, l determinismo, i problemi relativi alla clonazione, il potere, la suggestione delle masse, ecc. - mescolati alla rinfusa o solo accennati.
Insomma, molti spunti interessanti, ma nessuno degnamente sviluppato - Sterling non riesce neppure a creare un'atmosfera ed anche i personaggi risultano tratteggiati in modo alquanto sommario e poco convincente.

Sterling, Artificial Kid


A seguito di un colpo di stato, l'esotico pianeta Reverie e i suoi anelli articiali, sono governati da una plutocrazia, la Cabala, che, invero, pare esercitare il suo potere in maniera quantomai discreta, lasciando che gli abitanti (per lo più vecchissimi e ricchissimi) sguazzino tra droghe, feste ininterrotte e cruenti combattimenti nella zona Decriminalizzata, all'insegna di una video-cultura radicale, dove se non appari non esisti.
Un giorno però il vecchio fondatore, Moses Moses, che tutti credevano morto, si risveglia dal suo sonno criogeno scatenando la furia della Cabala (o, almeno, così pare) e costringendolo alla fuga insieme a due compagni di sventura: Artificial Kid, un idolo dei video da combattimento, e Sant'Anna due volte nata, una fanatica religiosa esiliata su Reverie.

La narrazione si fa più avvincente da metà libro in poi, ma, nel complesso, questo romanzo è alquanto deludente: tanti, troppi, temi - la video-dipendenza, la violenza-spettacolo, l'immortalità, l determinismo, i problemi relativi alla clonazione, il potere, la suggestione delle masse, ecc. - mescolati alla rinfusa o solo accennati.
Insomma, molti spunti interessanti, ma nessuno degnamente sviluppato - Sterling non riesce neppure a creare un'atmosfera ed anche i personaggi risultano tratteggiati in modo alquanto sommario e poco convincente.

lunedì 1 dicembre 2008

Vite in bilico


Luna ha 20 anni - 14 in meno di me, precisa, e mentre io ho appena avuto il mio primogenito, lei è al terzo figlio. Gli altri due sono rimasti in Bolivia con sua madre e la famiglia di lei (una famiglia allargata, con legami di sangue variamente intrecciati, dove gli uomini sono solo zii o nonni, mentre padri e mariti sono quasi assenti).

Luna è irregolare, faceva le pulizie in nero, poi ha incontrato un suo coetaneo peruviano, muratore, irregolare pure lui, si sono innamorati ed è rimasta incinta. Incinta e anche disoccupata: la famiglia per cui lavorava le ha chiesto di non presentarsi più - E' vietato far lavorare le donne in stato di gravidanza - le hanno detto.

Luna ha paura che un giorno la polizia fermi per strada il suo compagno e lo esplella immediatamente perché senza permesso, lasciandola ad aspettarlo in ansia, sola, senza lavoro e con l'affitto da pagare. Non è giusto - mi dice - che ti possano mandare via così, da un momento all'altro, abbandonare la casa, il lavoro e la famiglia.
No, non è giusto.


Samuela ha 24 anni ed è filippina. Suo padre e sua madre sono in Italia da 20 anni con un regolare permesso di soggiorno, lei ha deciso di raggiungerli solo 2 anni fa: quando è nata la sua prima figlia si è sentita in dovere di emigrare per provvedere dignitosamente al suo mantenimento, senza caricarla sulle spalle, già oberate, dei suoi genitori. Così ha affidato la piccola al marito e alla madre di lui, proprio come i suoi genitori avevano affidato lei alla nonna materna, ed è venuta a Milano, ma ormai era maggiorenne e non ha potuto usufruire del ricongiungimento familiare.

Qui in Italia Samuela ha conosciuto Josef, un ragazzo di 20 anni, immigrato illegalmente dal Senegal, che lavora dalle parti di Brescia: sono stati insieme poco tempo e si erano già lasciati quando lei ha scoperto di essere incinta. Lui le ha chiesto di abortire, ma Samuela non ne ha voluto sentir parlare - e Josef qualche giorno fa è venuto in ospedale per riconoscere il bambino.

Samuela faceva la badante, ovviamente in nero (anche se le pagavano 1 mese di ferie e la tredicesima) - quando è rimasta incinta ha dovuto smettere e la famiglia della sua assistita - "la nonna", come la chiama lei - ne ha approfittato per mandarla in un'ospizio.
Grazie alla gravidanza, Samuela è riuscita ad ottenere un permesso di soggiorno per motivi di salute. Adesso, però, dubita che sia stata una buona idea: il permesso non è più rinnovabile trascorsi 6 mesi dal parto e per ottenerlo ha dovuto dichiarare la propria residenza - casa dei suoi genitori, ovviamente, dove però vivono altri 5 suoi parenti, non tutti regolari.

Bimba è pakistana: non parla né italiano né inglese - siede fuori dalla sala visite e riesce a farmi capire, in qualche modo, che aspetta suo marito perché le traduca cosa dicono i dottori. Immagino quanto deve essersi sentita persa in questi giorni di degenza in quel porto di mare che è la Mangiagalli di Milano - mi sono sentita persa io che non ho problemi di idioma.
Bimba dimostra più o meno la mia età, le chiedo a gesti se quel fagottino nella culla è il suo primo figlio. Sorride stupita e scuote il capo, poi fa un gesto con la mano: 4.


Tutte queste donne sono qui per lo stesso motivo per cui ci sono io: mettere al mondo un figlio. E sono tutte felici, felicissime, di farlo - anche se, per lo più, sono rimaste incinte per caso e non per scelta, non si può certo dire che la loro gravidanza sia stata meno desiderata della mia.

In confronto alla vita di queste donne, la precarietà lavorativa di noi, cittadini italiani con una famiglia alle spalle, sembra ridicola.
Io le guardo e mi chiedo come facciano, dove trovino il coraggio.
Non è un problema di ignoranza (benché, sicuramente, la contraccezione non sia un tema su cui sono efferrate) e nemmeno di incoscienza: è tutta la loro esistenza ad essere così, in bilico, appesa a un filo - e la maternità non fa eccezione. Somo emigrate irregolari, non hanno diritti: vivono in paese ostile, dove, anche se metti radici, se trovi lavoro e una casa, ti possono cacciar via da un momento all'altro. Sono esseri umani di serie B e perfino pazienti di serie B nella stessa Mangiagalli, dove il personale infermieristico e le inservienti danno del "lei" alle italiane e del "tu" alle straniere - i dottori invece sono decisamente più egualitari: danno del lei a tutte e con tutte sono ugualmente ineducati (anche se qualche dottoressa giovane, disponibile e gentile non manca, ma si contano sulle dita di una mano - per l'esattezza, ne ho contate solo 2).

Vite in bilico


Luna ha 20 anni - 14 in meno di me, precisa, e mentre io ho appena avuto il mio primogenito, lei è al terzo figlio. Gli altri due sono rimasti in Bolivia con sua madre e la famiglia di lei (una famiglia allargata, con legami di sangue variamente intrecciati, dove gli uomini sono solo zii o nonni, mentre padri e mariti sono quasi assenti).

Luna è irregolare, faceva le pulizie in nero, poi ha incontrato un suo coetaneo peruviano, muratore, irregolare pure lui, si sono innamorati ed è rimasta incinta. Incinta e anche disoccupata: la famiglia per cui lavorava le ha chiesto di non presentarsi più - E' vietato far lavorare le donne in stato di gravidanza - le hanno detto.

Luna ha paura che un giorno la polizia fermi per strada il suo compagno e lo esplella immediatamente perché senza permesso, lasciandola ad aspettarlo in ansia, sola, senza lavoro e con l'affitto da pagare. Non è giusto - mi dice - che ti possano mandare via così, da un momento all'altro, abbandonare la casa, il lavoro e la famiglia.
No, non è giusto.


Samuela ha 24 anni ed è filippina. Suo padre e sua madre sono in Italia da 20 anni con un regolare permesso di soggiorno, lei ha deciso di raggiungerli solo 2 anni fa: quando è nata la sua prima figlia si è sentita in dovere di emigrare per provvedere dignitosamente al suo mantenimento, senza caricarla sulle spalle, già oberate, dei suoi genitori. Così ha affidato la piccola al marito e alla madre di lui, proprio come i suoi genitori avevano affidato lei alla nonna materna, ed è venuta a Milano, ma ormai era maggiorenne e non ha potuto usufruire del ricongiungimento familiare.

Qui in Italia Samuela ha conosciuto Josef, un ragazzo di 20 anni, immigrato illegalmente dal Senegal, che lavora dalle parti di Brescia: sono stati insieme poco tempo e si erano già lasciati quando lei ha scoperto di essere incinta. Lui le ha chiesto di abortire, ma Samuela non ne ha voluto sentir parlare - e Josef qualche giorno fa è venuto in ospedale per riconoscere il bambino.

Samuela faceva la badante, ovviamente in nero (anche se le pagavano 1 mese di ferie e la tredicesima) - quando è rimasta incinta ha dovuto smettere e la famiglia della sua assistita - "la nonna", come la chiama lei - ne ha approfittato per mandarla in un'ospizio.
Grazie alla gravidanza, Samuela è riuscita ad ottenere un permesso di soggiorno per motivi di salute. Adesso, però, dubita che sia stata una buona idea: il permesso non è più rinnovabile trascorsi 6 mesi dal parto e per ottenerlo ha dovuto dichiarare la propria residenza - casa dei suoi genitori, ovviamente, dove però vivono altri 5 suoi parenti, non tutti regolari.

Bimba è pakistana: non parla né italiano né inglese - siede fuori dalla sala visite e riesce a farmi capire, in qualche modo, che aspetta suo marito perché le traduca cosa dicono i dottori. Immagino quanto deve essersi sentita persa in questi giorni di degenza in quel porto di mare che è la Mangiagalli di Milano - mi sono sentita persa io che non ho problemi di idioma.
Bimba dimostra più o meno la mia età, le chiedo a gesti se quel fagottino nella culla è il suo primo figlio. Sorride stupita e scuote il capo, poi fa un gesto con la mano: 4.


Tutte queste donne sono qui per lo stesso motivo per cui ci sono io: mettere al mondo un figlio. E sono tutte felici, felicissime, di farlo - anche se, per lo più, sono rimaste incinte per caso e non per scelta, non si può certo dire che la loro gravidanza sia stata meno desiderata della mia.

In confronto alla vita di queste donne, la precarietà lavorativa di noi, cittadini italiani con una famiglia alle spalle, sembra ridicola.
Io le guardo e mi chiedo come facciano, dove trovino il coraggio.
Non è un problema di ignoranza (benché, sicuramente, la contraccezione non sia un tema su cui sono efferrate) e nemmeno di incoscienza: è tutta la loro esistenza ad essere così, in bilico, appesa a un filo - e la maternità non fa eccezione. Somo emigrate irregolari, non hanno diritti: vivono in paese ostile, dove, anche se metti radici, se trovi lavoro e una casa, ti possono cacciar via da un momento all'altro. Sono esseri umani di serie B e perfino pazienti di serie B nella stessa Mangiagalli, dove il personale infermieristico e le inservienti danno del "lei" alle italiane e del "tu" alle straniere - i dottori invece sono decisamente più egualitari: danno del lei a tutte e con tutte sono ugualmente ineducati (anche se qualche dottoressa giovane, disponibile e gentile non manca, ma si contano sulle dita di una mano - per l'esattezza, ne ho contate solo 2).