sabato 26 dicembre 2009

Müller, In viaggio su una gamba sola


In viaggio su una gamba sola (titolo originale, Reisende auf einem Bein, 1989), è il racconto di quello che Irene vede, e deforma, attraverso i suoi occhi. Sono i sogni e gli incubi di Irene. Gli incontri - stralci di amori - i dialoghi spezzati. Un flusso di coscienza frantumato in brevi periodi sintattici. Un flusso di coscienza zoppicante. Su una gamba sola, appunto.
Uno stile narrativo originale, che stanca prestissimo. Molto brava la traduttrice, Lidia Castellani.

Irene, come Herta Müller, è una profuga che fugge da un regime dittatoriale e chiede asilo in Germania, ottenendo poi la nazionalità tedesca - eppure è difficile ritenere che questo strano libro possa in qualche modo essere autobiografico - tanto è tutto esasperato, onirico, irreale, così teso in uno sforzo intimista che, alla fine, di intimo non rimane nulla.

Troppa poesia, si potrebbe dire - ottima poesia, sia detto, a molti di sicuro piacerà. Anche il tentativo - mai dichiarato, ma così palesemente inseguito - di rendere lo stato di estraniamento (displacement, come si suol dire) dei profughi, o degli stranieri in genere - Reisende auf einem Bein, letteralmente: i viaggiatori su una gamba sola - il loro difficile rapporto con le città d'accoglienza, alla fine fallisce - resta solo il compiacimento per la personalità borderline di Irene - il compiacimento artistico.

Nel 2009 Herta Müller ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura, con la seguente motivazione: «Con la concentrazione della poesia e la franchezza della prosa ha rappresentato il mondo dei diseredati». Ma io non ho letto altri libri.