"Vi ho insegnato a mentire,
barare, rubare
e appena volto le spalle vi mettete in fila?!?"
G. House, II.10
Come per l'impareggiabile Winnie Puh e la filosofia: da Platone a Popper di J. Tyerman Williams o il più recente I Simpson e la filosofia,
anche alla base de La filosofia del Dr. House vi è un'idea semplice e geniale:
non tanto quella di avvicinare le persone alla filosofia (impresa ardua e un pò naïf),
quanto quella di avvicinare la filosofia alla gente,
ossia di mettere alla prova le categorie filosofiche, di saggiarne la capacità esplicativa,
attraverso l'analisi di un oggetto, di un tema, preciso e notorio.
E il tentativo può dirsi pienamente riuscito: i quattro saggi,
più o meno brillanti, più o meno divertenti, sono tutti chiari e ben argomentati,
nelle loro premesse e nelle loro conclusioni.
I 4 ricercatori raccolti sotto il nome colletivo di Blitris esaminano
nell'ordine: l'iper-etica di House, l'etica (deontologica o consequenzialista?) di House,
la sua epistemologia (in che senso House sa quello che gli altri non sanno?) e
la sua logica.
Mi è parso particolarmente perspicuo il primo saggio -
non che gli altri non siano convincenti, al contrario, ma per lo più
si limitano ad indagare House attraverso categorie generali,
che potrebbero essere applicate a qualsiasi oggetto -
così ci si potrebbe chiedere:
l'etica di Batman è deontologica o consequenzialista?
in che senso Perry Mason sa quello che gli altri non sanno?
qual'è la logica degli investigatori di Law and order?.
In L'iper-etica di House, Blitris1 (Regazzoni) analizza, invece,
la specifica etica che House ha,
o, meglio, l'etica (l'iper-etica) che House è,
e giunge a paragonarlo addirittura al Singolo di Kierkegaard, al soggetto
"che risponde ad una sola cosa: all'ingiunzione di un dovere assoluto
come dovere che lo lega all'altro assoluto
in quanto altro nella sua singolarità" (p. 25).
Per House conta solo salvare quel suo unico paziente
e a questo dovere assoluto sacrifica ogni altro dovere etico,
e, pertanto, ogni altro soggetto, ogni altra persona cui l'etica (generale e universalizzabile)
imporrebbe di rispondere nello stesso modo (p. 43).
L'iper-etica di House è l'etica "della situazione e della risposta singolare" (p. 40)
e ciò implica anche che il momento della decisione,
il momento in cui House deve decidere che fare,
non sia regolato, ma sia sempre un gesto di follia (p. 41).
(tra parentesi: se questa fosse una recensione seria,
sarebbe interessante indagare i margini di
in/compatibilità tra questa tesi e quelle relative all'etica consequenzialista,
benchè non sempre coerente, di House e alla sua logica).
La tesi di Blitris1 è brillante e supportata da valide ragioni;
eppure c'è un aspetto che non mi persuade del tutto, o, meglio,
mi pare plausibile anche un'altra diversa interpretazione.
Ad House, lo sappiamo, i pazienti non interessano,
ad House interessano solo le malattie:
House vuole fare quello che fa meglio, sciogliere la diagnosi, risolvere il caso
- anche se la diagnosi è mortale, anche se la malattia è incurabile,
House vince comunque.
Questo sembra essere il dovere iper-etico cui House sacrifica tutto il resto:
non salvare il paziente, ma risolvere il caso.
L'altro assoluto non è un "altro", un essere umano nella sua singolarità,
semmai è quel caso singolo, ma un caso che vale in quanto permette
ad House di fare ciò che House sa fare,
l'unico fine che la sua iper-etica gli impone: risolvere il caso.
Il dovere iper-etico assoluto alla fine lega House soltanto a se stesso,
in una relazione autoreferenziale e narcisista.
Ovviamente, that's all folk