lunedì 27 agosto 2007

San Francisco




Adoro San Francisco:
le ripide salite, le case colorate, i vecchi tram con la gente appesa fuori e soprattutto la varieta' dei suoi quartieri -
Chinatown, Japantown, Castro (il quartiere gay), Mission (il quartiere degli ispanici e degli stilisti alternativi), North Beach (il quartiere beat e italiano), Fisherman's Wharf (la zona portuale, la piu' turistica e forse la meno piacevole, dove soggiorna una rumorosissima colonia di leoni marini, vedi foto), Russian Hill (scalinate, giardini, pappagalli colorati e stupende panoramiche sulla baia, vedi foto).
Qui c'e' talmente tanta gente strana che ci si sente subito a proprio agio, e poi e' la patria del vintage
- al riguardo mi sono appena comprata un paio di scarpe che non mettero' mai, rosa ciclamino, coi tacchi, stupende!

North Beach
e' forse la zona che mi e' piaciuta di piu':
- l'atmosfera rilassata del caffe' Trieste, dove, tra aspiranti artisti, intellettuali, reduci della beat generation, musicisti e semplici cazzeggiatori, si puo' gustare un ottimo caffe'
- i deliziosi hamburger di Mo's
- il Saloon, un locale storico, per nulla turistico, economico (una birra a 3 dollari!) e suggestivo, dove si suona musica dal vivo - una sera ci siamo imbattutti in un gruppo di vecchi musicisti jazz (credo), davvero formidabile

Interessante anche il quartiere di Mission - - uno dei posti attualmente piu' di moda, ma che ha conservato un'aria, a tratti, un po' malfamata. Qui, al numero 3560 della 18th street, c'e' il locale della mia amica Mossi - il Farina, specializzato in cucina genovese

A proposito di mangiare: ho trovato deliziosa la cucina del ristoranti cinesi di Chinatown - siamo stati al Brandy Ho's (raffinato e un po' fusion) e al Lucky Creation (vegetariano, frequentatissimo dai cinesi, vedi foto)

San Francisco




Adoro San Francisco:
le ripide salite, le case colorate, i vecchi tram con la gente appesa fuori e soprattutto la varieta' dei suoi quartieri -
Chinatown, Japantown, Castro (il quartiere gay), Mission (il quartiere degli ispanici e degli stilisti alternativi), North Beach (il quartiere beat e italiano), Fisherman's Wharf (la zona portuale, la piu' turistica e forse la meno piacevole, dove soggiorna una rumorosissima colonia di leoni marini, vedi foto), Russian Hill (scalinate, giardini, pappagalli colorati e stupende panoramiche sulla baia, vedi foto).
Qui c'e' talmente tanta gente strana che ci si sente subito a proprio agio, e poi e' la patria del vintage
- al riguardo mi sono appena comprata un paio di scarpe che non mettero' mai, rosa ciclamino, coi tacchi, stupende!

North Beach
e' forse la zona che mi e' piaciuta di piu':
- l'atmosfera rilassata del caffe' Trieste, dove, tra aspiranti artisti, intellettuali, reduci della beat generation, musicisti e semplici cazzeggiatori, si puo' gustare un ottimo caffe'
- i deliziosi hamburger di Mo's
- il Saloon, un locale storico, per nulla turistico, economico (una birra a 3 dollari!) e suggestivo, dove si suona musica dal vivo - una sera ci siamo imbattutti in un gruppo di vecchi musicisti jazz (credo), davvero formidabile

Interessante anche il quartiere di Mission - - uno dei posti attualmente piu' di moda, ma che ha conservato un'aria, a tratti, un po' malfamata. Qui, al numero 3560 della 18th street, c'e' il locale della mia amica Mossi - il Farina, specializzato in cucina genovese

A proposito di mangiare: ho trovato deliziosa la cucina del ristoranti cinesi di Chinatown - siamo stati al Brandy Ho's (raffinato e un po' fusion) e al Lucky Creation (vegetariano, frequentatissimo dai cinesi, vedi foto)

sabato 18 agosto 2007

Adams, Guida galattica per autostoppisti



"Il presidente, in particolare, è soltanto un prestanome:
non esercita
in effetti il benchè minimo potere [...]
la sua fondamentale qualità
è saper provocare scandali. [...]
Il suo compito non è esercitare il potere,
ma stornare l'attenzione della gente dal potere stesso
"




D. Adams,
Guida galattica per autostoppisti, 1980

Un giovedì mattina i buldozer si presentano per demolire la casa di Arthur Dent che, malauguratamente, sorge proprio dove dovrà essere costruita una tangenziale.

Quello stesso giovedì mattina una flotta di astronavi vogon si presenta per demolire il pianeta Terra che, malauguratamente, sorge proprio dove dovrà essere costruita un'autostrada iperspaziale.

Arthur Dent riuscirà a salvarsi grazie al suo amico Ford Perfect che, in realtà, altri non è che un ricercatore itinerante per La guida galattica per autostoppisti.
Hanno così inizio le loro fantastiche avventure che li condurranno a zonzo per l'universo, fino a portarli a scoprire - per caso, a dire il vero - un antico segreto celato nel (ei fu) pianeta Terra

Un libro esilarante, ironico, straripante, di quelli che si leggono in un giorno;
tutti i personaggi - protagonisti, figure minori, intere razze - sono caratterizzati in modo magistrale, all'insegna di una comicità mai banale.

Un libro che è anche la storia di un libro che è intitolato proprio come il libro - e qui è evidente un pò di compiacimento letterario - ossia, appunto, La guida galattica per autostoppisti. Una guida che ha due importanti vantaggi rispetto al suo diretto concorrente, L'Enciclopedia galattica:
"Uno costa un pò meno; due ha stampate in copertina, a grandi caratteri che ispirano fiducia, le parole NON FATEVI PRENDERE DAL PANICO"

Altre tre importanti cose si possono apprendere da questo libro, o, meglio, da questi libri:
1. ricordarsi sempre un asciugamano;
2. la risposta alla grande domanda sulla vita, sull'universo e su tutto quanto;
3. l'uomo è solo la terza forma di vita più intelligente del pianeta Terra - e nell'universo gode di scarsissima considerazione.

Adams, Guida galattica per autostoppisti



"Il presidente, in particolare, è soltanto un prestanome:
non esercita
in effetti il benchè minimo potere [...]
la sua fondamentale qualità
è saper provocare scandali. [...]
Il suo compito non è esercitare il potere,
ma stornare l'attenzione della gente dal potere stesso
"




D. Adams,
Guida galattica per autostoppisti, 1980

Un giovedì mattina i buldozer si presentano per demolire la casa di Arthur Dent che, malauguratamente, sorge proprio dove dovrà essere costruita una tangenziale.

Quello stesso giovedì mattina una flotta di astronavi vogon si presenta per demolire il pianeta Terra che, malauguratamente, sorge proprio dove dovrà essere costruita un'autostrada iperspaziale.

Arthur Dent riuscirà a salvarsi grazie al suo amico Ford Perfect che, in realtà, altri non è che un ricercatore itinerante per La guida galattica per autostoppisti.
Hanno così inizio le loro fantastiche avventure che li condurranno a zonzo per l'universo, fino a portarli a scoprire - per caso, a dire il vero - un antico segreto celato nel (ei fu) pianeta Terra

Un libro esilarante, ironico, straripante, di quelli che si leggono in un giorno;
tutti i personaggi - protagonisti, figure minori, intere razze - sono caratterizzati in modo magistrale, all'insegna di una comicità mai banale.

Un libro che è anche la storia di un libro che è intitolato proprio come il libro - e qui è evidente un pò di compiacimento letterario - ossia, appunto, La guida galattica per autostoppisti. Una guida che ha due importanti vantaggi rispetto al suo diretto concorrente, L'Enciclopedia galattica:
"Uno costa un pò meno; due ha stampate in copertina, a grandi caratteri che ispirano fiducia, le parole NON FATEVI PRENDERE DAL PANICO"

Altre tre importanti cose si possono apprendere da questo libro, o, meglio, da questi libri:
1. ricordarsi sempre un asciugamano;
2. la risposta alla grande domanda sulla vita, sull'universo e su tutto quanto;
3. l'uomo è solo la terza forma di vita più intelligente del pianeta Terra - e nell'universo gode di scarsissima considerazione.

venerdì 17 agosto 2007

15/08/07 Festa di radio Popolare


"Festa, dove esplodono contraddizioni,
dove esistono ancora frazioni,

dove si rimane soli,

dove ancora riempiamo la vita di ruoli"

Festa, Assemblea teatrale musicale




La festa di Radio pop ci piace perchè...
  1. passare ferragosto a Milano è talmente alternativo che se si riesce a vedere un pò di gente e a non maturare propositi suicidi ci si sente persino dei veri radical-chic
  2. si è curiosi di vedere gli altri radical-chic rimasti in città
  3. è bello trovarsi tra persone (radical-chic, ovviamente) di tutte le età
  4. è bello trovarsi tra compagni, perchè va bene il confronto, ma è ferragosto, fa caldo e fa piacere stare con gente che - più o meno - la pensa come noi (e che essendo ferragosto e facendo caldo per un giorno non ha voglia di parlare di quel 'meno' - che ultimamente ha due lettere e la prima è una 'P')
  5. non si sa mai cosa si riuscirà a mangiare - e c'è l'ebrezza della sorpresa
  6. ci sono sempre ottime torte di verdura (l'ebrezza della sorpresa è in parte immotivata ma ci piace lo stesso)
  7. ci si può rivalutare come cuochi (nel mio caso è facile: porto sempre la pasta al pesto - pasta barilla e pesto della mamma)
  8. ......................................................................




15/08/07 Festa di radio Popolare


"Festa, dove esplodono contraddizioni,
dove esistono ancora frazioni,

dove si rimane soli,

dove ancora riempiamo la vita di ruoli"

Festa, Assemblea teatrale musicale




La festa di Radio pop ci piace perchè...
  1. passare ferragosto a Milano è talmente alternativo che se si riesce a vedere un pò di gente e a non maturare propositi suicidi ci si sente persino dei veri radical-chic
  2. si è curiosi di vedere gli altri radical-chic rimasti in città
  3. è bello trovarsi tra persone (radical-chic, ovviamente) di tutte le età
  4. è bello trovarsi tra compagni, perchè va bene il confronto, ma è ferragosto, fa caldo e fa piacere stare con gente che - più o meno - la pensa come noi (e che essendo ferragosto e facendo caldo per un giorno non ha voglia di parlare di quel 'meno' - che ultimamente ha due lettere e la prima è una 'P')
  5. non si sa mai cosa si riuscirà a mangiare - e c'è l'ebrezza della sorpresa
  6. ci sono sempre ottime torte di verdura (l'ebrezza della sorpresa è in parte immotivata ma ci piace lo stesso)
  7. ci si può rivalutare come cuochi (nel mio caso è facile: porto sempre la pasta al pesto - pasta barilla e pesto della mamma)
  8. ......................................................................




Zibaldone


Ovvero pensieri in libertà

    Zibaldone


    Ovvero pensieri in libertà

      mercoledì 15 agosto 2007

      lavori in corso



      Necessità e definizione

      Grice e la teoria delle implicature conversazionali

      Il paradosso di Moore

      lavori in corso



      Necessità e definizione

      Grice e la teoria delle implicature conversazionali

      Il paradosso di Moore

      non narrativa





      Segnalo Anobii: un portale dove è possibile catalogare la propria libreria e visionare le librerie altrui
      - tra cui anche quella mia e di zac

      non narrativa





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      Carr, Easy way


      Allen Carr, Easy way, 1985, trad. it., E' facile smettere di fumare, EWI, Milano.

      La tesi centrale è tanto semplice quanto indiscutibile:
      il fumo è una tossicodipendenza e l'unico motivo per cui si fuma è far cessare una crisi di astinenza.

      Tutti gli altri presunti benefici effetti del fumo non sono che il prodotto di una campagna mediatica globale - quello che Carr giustamente denomina "il lavaggio del cervello" - che, ai giorni nostri, è tutt'altro che esaurita - fate caso a quante copertine di riviste sfoggiano divi fumanti.

      Un esempio: come la maggior parte dei fumatori sono sempre stata convinta che fumare aiutasse la mia concentrazione e, ovviamente, non mi chiedevo per quale miracolo un vasocostrittore potesse rendere più arguti. E' semplice: per concentrarsi su un problema è essenziale non pensare a null'altro, ma il fumatore è un tossicodipendente, sicché pensa sempre a qualcos'altro, è sempre distratto dalla sua crisi di astinenza, almeno finché non l'appaga.
      Il fumo aiuta sì a concentrarsi: ma nel senso che permette al fumatore di concentrarsi come un non fumatore.
      E' chiaro però che se si spezza la catena, se si elimina totalmente la nicotina dal proprio organismo, allora ci non sarà più nessuna crisi di astinenza da appagare e, pertanto, non ci sarà più alcun bisogno di una sigaretta.

      Una volta compreso che non ci sono ragioni per fumare, che l'unico motivo per cui si fuma è la crisi di astinenza, che una simile crisi nel caso della nicotina è piuttosto blanda, non resta che smettere di fumare. E, assicura Allen, sarà facilissimo.

      Ma perchè allora ci sono tanti ex-fumatori che hanno smesso da mesi, se non da anni, e ancora smaniano per una sigaretta?
      Secondo Carr, ciò è dovuto al fatto che queste persone hanno smesso attraverso uno dei tanti metodi fondati sulla forza di volontà, la cui principale controindicazione consiste nel far sì che smettere di fumare sia percepito come un sacrificio, una rinuncia.
      Per contro, bisogna vederlo come la liberazione da una schiavitù ed essere felici di aver smesso.

      Le argomentazioni di Carr sono convincenti e, infatti, in questo momento mi trovo nel bel mezzo di una crisi d'astinenza da nicotina: niente di grave, a dire la verità sto benissimo, mi sento solo un pò annebbiata, ho qualche leggerissimo brivido lungo la schiena, sento che mi manca qualcosa, che il mio corpo vuole fumare. Sarei tentata di dire che voglio una sigaretta, ma non ne sono così sicura: sono stanca di non riuscire a far nulla senza fumare, stanca di buttar via soldi solo per avvelenarmi.
      Sono pigra e ho paura (principalmente ho paura che la voglia di fumare non mi passi mai, che questa crisi di astinenza diventi la mia condizione di vita naturale), ma, se Carr ha ragione tra qualche settimana capirò che posso vivere senza nicotina - e, ovviamente, sarebbe bellissimo

      Vi saprò dire...

      Vi dico: non sono riuscita a smettere di fumare - per una ragione molto semplice: ho acceso una sigaretta. Cosa non ha funzionato?
      Non so, avevo sempre (anche a un mese di distanza) una terribile voglia di fumare e avvertivo addirittura delle alterazione di personalità causate dal mio desiderio insoddisfatto. Probabilmente il lavaggio del cervello, come lo chiama Carr, è stato troppo forte perchè un libro lo possa sovvertire. La forza di volontà serve, eccome.
      Ma ci proverò ancora


      Post scriptum del 18.07.08: ci riprovo. Da oggi smetto di nuovo di fumare

      Carr, Easy way


      Allen Carr, Easy way, 1985, trad. it., E' facile smettere di fumare, EWI, Milano.

      La tesi centrale è tanto semplice quanto indiscutibile:
      il fumo è una tossicodipendenza e l'unico motivo per cui si fuma è far cessare una crisi di astinenza.

      Tutti gli altri presunti benefici effetti del fumo non sono che il prodotto di una campagna mediatica globale - quello che Carr giustamente denomina "il lavaggio del cervello" - che, ai giorni nostri, è tutt'altro che esaurita - fate caso a quante copertine di riviste sfoggiano divi fumanti.

      Un esempio: come la maggior parte dei fumatori sono sempre stata convinta che fumare aiutasse la mia concentrazione e, ovviamente, non mi chiedevo per quale miracolo un vasocostrittore potesse rendere più arguti. E' semplice: per concentrarsi su un problema è essenziale non pensare a null'altro, ma il fumatore è un tossicodipendente, sicché pensa sempre a qualcos'altro, è sempre distratto dalla sua crisi di astinenza, almeno finché non l'appaga.
      Il fumo aiuta sì a concentrarsi: ma nel senso che permette al fumatore di concentrarsi come un non fumatore.
      E' chiaro però che se si spezza la catena, se si elimina totalmente la nicotina dal proprio organismo, allora ci non sarà più nessuna crisi di astinenza da appagare e, pertanto, non ci sarà più alcun bisogno di una sigaretta.

      Una volta compreso che non ci sono ragioni per fumare, che l'unico motivo per cui si fuma è la crisi di astinenza, che una simile crisi nel caso della nicotina è piuttosto blanda, non resta che smettere di fumare. E, assicura Allen, sarà facilissimo.

      Ma perchè allora ci sono tanti ex-fumatori che hanno smesso da mesi, se non da anni, e ancora smaniano per una sigaretta?
      Secondo Carr, ciò è dovuto al fatto che queste persone hanno smesso attraverso uno dei tanti metodi fondati sulla forza di volontà, la cui principale controindicazione consiste nel far sì che smettere di fumare sia percepito come un sacrificio, una rinuncia.
      Per contro, bisogna vederlo come la liberazione da una schiavitù ed essere felici di aver smesso.

      Le argomentazioni di Carr sono convincenti e, infatti, in questo momento mi trovo nel bel mezzo di una crisi d'astinenza da nicotina: niente di grave, a dire la verità sto benissimo, mi sento solo un pò annebbiata, ho qualche leggerissimo brivido lungo la schiena, sento che mi manca qualcosa, che il mio corpo vuole fumare. Sarei tentata di dire che voglio una sigaretta, ma non ne sono così sicura: sono stanca di non riuscire a far nulla senza fumare, stanca di buttar via soldi solo per avvelenarmi.
      Sono pigra e ho paura (principalmente ho paura che la voglia di fumare non mi passi mai, che questa crisi di astinenza diventi la mia condizione di vita naturale), ma, se Carr ha ragione tra qualche settimana capirò che posso vivere senza nicotina - e, ovviamente, sarebbe bellissimo

      Vi saprò dire...

      Vi dico: non sono riuscita a smettere di fumare - per una ragione molto semplice: ho acceso una sigaretta. Cosa non ha funzionato?
      Non so, avevo sempre (anche a un mese di distanza) una terribile voglia di fumare e avvertivo addirittura delle alterazione di personalità causate dal mio desiderio insoddisfatto. Probabilmente il lavaggio del cervello, come lo chiama Carr, è stato troppo forte perchè un libro lo possa sovvertire. La forza di volontà serve, eccome.
      Ma ci proverò ancora


      Post scriptum del 18.07.08: ci riprovo. Da oggi smetto di nuovo di fumare

      California dreaming




      San Francisco


      Altre foto California

      Yosemite National Park

      California dreaming




      San Francisco


      Altre foto California

      Yosemite National Park

      narrativa




      - D. Adams, Guida galattica per gli autostoppisti

      - D. Adams, Ristorante al termine dell'Universo

      - M. Barbery, L'eleganza del riccio

      - R. Bradbury, Tangerine

      - D. Buzzati, Sessanta racconti

      - D. Buzzati, Un amore

      - A. Camilleri, L'odore della notte

      - A. Camilleri, La gita a Tindari

      - E. Canetti, Auto da fé

      - J. Coe, La famiglia Winshaw

      - J.M. Coetzee, Età di ferro

      - G. De Cataldo, Romanzo criminale

      - P.K. Dick, E Jones creò il mondo

      - P.K. Dick, Next e altri racconti

      - P.K. Dick, La penultima verità

      - F. Dostoevskij, Delitto e castigo

      - G. Faletti, Io uccido

      - P. Giordano, La solitudine dei numeri primi

      - R.A. Heinlein, Starship Troopers

      - A. Hirsi Ali, Infedele

      - P. Ingrao, Volevo la luna

      - J.R. Lansdale, Capitani oltraggiosi

      - S. Larsson, Uomini che odiano le donne

      - S. Larsson, La ragazza che giocava con il fuoco

      - S. Larsson, La regina dei castelli di carta

      - H. Müller, In viaggio su una gamba sola

      - A. Oz, Non dire notte

      - J. Patterson & M. Paetro, Bikini

      - P. Roth, Pastorale americana

      -P. Roth, Everyman

      - L. Sciascia, Todo modo

      - R. Silverberg, L'uomo nel labirinto

      - A. Sofri, La notte che Pinelli

      - J. Steinbeck, Furore

      - B. Sterling, Artificial Kid

      - L. Tolstòj, Guerra e pace

      - V. Vinge, Universo incostante

      - K. Vonnegut, Mattatoio n. 5

      - D.F. Wallace, Verso occidente l'impero dirige il suo corso

      - D.F. Wallace, Una cosa divertente che non farò mai più


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      - M. Barbery, L'eleganza del riccio

      - R. Bradbury, Tangerine

      - D. Buzzati, Sessanta racconti

      - D. Buzzati, Un amore

      - A. Camilleri, L'odore della notte

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      - E. Canetti, Auto da fé

      - J. Coe, La famiglia Winshaw

      - J.M. Coetzee, Età di ferro

      - G. De Cataldo, Romanzo criminale

      - P.K. Dick, E Jones creò il mondo

      - P.K. Dick, Next e altri racconti

      - P.K. Dick, La penultima verità

      - F. Dostoevskij, Delitto e castigo

      - G. Faletti, Io uccido

      - P. Giordano, La solitudine dei numeri primi

      - R.A. Heinlein, Starship Troopers

      - A. Hirsi Ali, Infedele

      - P. Ingrao, Volevo la luna

      - J.R. Lansdale, Capitani oltraggiosi

      - S. Larsson, Uomini che odiano le donne

      - S. Larsson, La ragazza che giocava con il fuoco

      - S. Larsson, La regina dei castelli di carta

      - H. Müller, In viaggio su una gamba sola

      - A. Oz, Non dire notte

      - J. Patterson & M. Paetro, Bikini

      - P. Roth, Pastorale americana

      -P. Roth, Everyman

      - L. Sciascia, Todo modo

      - R. Silverberg, L'uomo nel labirinto

      - A. Sofri, La notte che Pinelli

      - J. Steinbeck, Furore

      - B. Sterling, Artificial Kid

      - L. Tolstòj, Guerra e pace

      - V. Vinge, Universo incostante

      - K. Vonnegut, Mattatoio n. 5

      - D.F. Wallace, Verso occidente l'impero dirige il suo corso

      - D.F. Wallace, Una cosa divertente che non farò mai più


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      lunedì 13 agosto 2007

      Sumatra


      Sumatra
      è la terza isola più grande dell'Indonesia e una delle meno popolate,
      una natura rigogliosa e ancora selvaggia,
      un cuore di foresta circondato da acque cristalline e lunghe spiagge bianche

      Le sistemazioni sono sempre un pò spartane
      la popolazione è gentile e molto socievole (anche troppo):
      vi fotografano, vi fermano per strada
      e quasi sempre hanno un vocabolario inglese che si limita a "Hey Mister"
      - e questo è vero anche negli alberghi, per cui conviene imparare qualche frase di indonesiano
      (in ogni caso non gesticolate: posso dirvi per esperienza che non serve a nulla)

      La cucina è squisita in tutta l'isola
      particolarmente rinomata quella di Padang che si compone
      di tante piccole portate (di pesce, pollo, carne), speziate e piccantine
      Ma sono deliziosi anche altri due piatti diffusi in tutta l'isola: il mie-goreng e il nasi-goreng,
      rispettivamente spaghetti e riso, saltati in padella, con pesce, carne, uova e quello che c'è
      (costituiscono la colazione tipica)
      Il consiglio è di provare e sperimentare ogni portata

      Nonostante che spesso manchi l'acqua corrente
      e doccie e sciacquoni siano sostituiti dal mandi (grossa vasca d'acqua, in stile indiano)
      l'igiene di Sumatra fa invidia a quella di una clinica svizzera -
      è stata la prima volta in vita mia che sono riuscita a non contrarre un'infezione intestinale
      durante una vacanza - e nel concetto di vacanza includo anche brevi soggiorni in località italiane ed europee!
      L'unico problema sono i turisti (pochi, in realtà) che gettano la carta igienica (che si sono portati loro, perchè sull'isola non si usa) nel water (non si fa: le fogne non la smaltiscono e si rischia l'intasamento) o, peggio, sporcano l'acqua del mandi (che, invece, deve sempre restare pulita)

      A 15 km da Padang, c'è la stupenda spiaggia di Pasir Jambak (foto)
      qui è possibile soggiornare da Uncle Jack (indonesiano, nonostante il nome)
      gustare la cucina della sua famiglia, prendere il sole e ammirare le coloratissime barche dei pescatori. Nel vicino villaggio si può anche giocare a pallavolo con i locali e sperimentare un poco il proprio indonesiano

      Bukittinggi, è una fresca cittadina di montagna, circondata da montagne e imponenti vulcani-
      putroppo nell'agosto 2006 i vulcani non si vedevano a causa del denso fumo -
      un incendio stava devastando il cuore dell'isola, capita spesso e probabilmente è doloso

      Pulau Samosir è un'isola al centro del lago Toba, a sud di Medan: una tappa obbligata, nonché una delle località più turistiche dell'isola - ma non vi immaginate folle da Rimini in agosto, la maggior parte dei resort era deserta e di turisti in tutto ne avremo visto una trentina
      Qui si può soggiornare in una capanna affacciata direttamente sul lago, noleggiare una bici o uno scooter e fare il giro dell'isola (attenzione ai serpenti, ne abbiamo visto almeno un paio dall'aspetto poco rassicurante) e, ovviamente, nuotare nelle acque del lago.
      La mascotte della zona è una sorta di lucertolone anfibio - una specie di serpente con le zampe - che, in effetti, vive davvero nel lago: trovarselo davanti mentre si nuota non è affatto piacevole,
      ma i locali giurano che sia innocuo

      Pulau We, sull'estrema punta nord di Sumatra, è forse il posto che mi è piaciuto di più:
      questa piccola isola, devastata dallo tsunami del 2004, è stata in parte ricostruita, grazie soprattutto all'aiuto di molte ONG.
      Nel 2006 non c'era ancora l'acqua corrente e le sistemazioni erano tanto spartane quanto affascinanti: per una modicissima somma si può soggiornare in una minuscola palafitta sul mare cristallino,
      inclusiva di geco domestico di almeno 10 cm di lunghezza,
      utilissimo contro le zanzare.
      Bisogna però prestare un pò di attenzione nei confronti delle scimmie:
      alcuni turisti olandesi, che avevano inopinatamente tentato di fotografarle coi flash, hanno riferito di esserne stati aggrediti.
      Le spiaggie sono incantevoli, bianche e circondate da palme, il mare è trasparente e ci si trova letteralmente a due passi da una spettacolare barriera corallina -
      sulla spiaggia si possono noleggiare pinne e maschera, nonchè una barca per escursioni nelle acque circostanti.
      Qui, in un paio di centimetri d'acqua, sono stata punta da un lion fish,
      un pesce tropicale velenoso, che mi ha gonfiato il piede come una salsiccia e mi ha impedito di camminare per tre giorni, lasciandomi zoppa per altri sei.
      Non è stata una bella esperienza - un dolore immane - per fortuna sono stata prontamente soccorsa dai locali, che mi hanno condotto in barca fino al medico dell'isola, il quale dopo un paio di punture (con aghi la cui lunghezza non voglio ricordare) mi ha dato alcuni sacchetti di pastiglie variamente colorate da prendere ogni tot ora - ovviamente il medico parlava solo indonesiano, ma per fortuna avevo imparato a contare fino a dieci.

      Sumatra


      Sumatra
      è la terza isola più grande dell'Indonesia e una delle meno popolate,
      una natura rigogliosa e ancora selvaggia,
      un cuore di foresta circondato da acque cristalline e lunghe spiagge bianche

      Le sistemazioni sono sempre un pò spartane
      la popolazione è gentile e molto socievole (anche troppo):
      vi fotografano, vi fermano per strada
      e quasi sempre hanno un vocabolario inglese che si limita a "Hey Mister"
      - e questo è vero anche negli alberghi, per cui conviene imparare qualche frase di indonesiano
      (in ogni caso non gesticolate: posso dirvi per esperienza che non serve a nulla)

      La cucina è squisita in tutta l'isola
      particolarmente rinomata quella di Padang che si compone
      di tante piccole portate (di pesce, pollo, carne), speziate e piccantine
      Ma sono deliziosi anche altri due piatti diffusi in tutta l'isola: il mie-goreng e il nasi-goreng,
      rispettivamente spaghetti e riso, saltati in padella, con pesce, carne, uova e quello che c'è
      (costituiscono la colazione tipica)
      Il consiglio è di provare e sperimentare ogni portata

      Nonostante che spesso manchi l'acqua corrente
      e doccie e sciacquoni siano sostituiti dal mandi (grossa vasca d'acqua, in stile indiano)
      l'igiene di Sumatra fa invidia a quella di una clinica svizzera -
      è stata la prima volta in vita mia che sono riuscita a non contrarre un'infezione intestinale
      durante una vacanza - e nel concetto di vacanza includo anche brevi soggiorni in località italiane ed europee!
      L'unico problema sono i turisti (pochi, in realtà) che gettano la carta igienica (che si sono portati loro, perchè sull'isola non si usa) nel water (non si fa: le fogne non la smaltiscono e si rischia l'intasamento) o, peggio, sporcano l'acqua del mandi (che, invece, deve sempre restare pulita)

      A 15 km da Padang, c'è la stupenda spiaggia di Pasir Jambak (foto)
      qui è possibile soggiornare da Uncle Jack (indonesiano, nonostante il nome)
      gustare la cucina della sua famiglia, prendere il sole e ammirare le coloratissime barche dei pescatori. Nel vicino villaggio si può anche giocare a pallavolo con i locali e sperimentare un poco il proprio indonesiano

      Bukittinggi, è una fresca cittadina di montagna, circondata da montagne e imponenti vulcani-
      putroppo nell'agosto 2006 i vulcani non si vedevano a causa del denso fumo -
      un incendio stava devastando il cuore dell'isola, capita spesso e probabilmente è doloso

      Pulau Samosir è un'isola al centro del lago Toba, a sud di Medan: una tappa obbligata, nonché una delle località più turistiche dell'isola - ma non vi immaginate folle da Rimini in agosto, la maggior parte dei resort era deserta e di turisti in tutto ne avremo visto una trentina
      Qui si può soggiornare in una capanna affacciata direttamente sul lago, noleggiare una bici o uno scooter e fare il giro dell'isola (attenzione ai serpenti, ne abbiamo visto almeno un paio dall'aspetto poco rassicurante) e, ovviamente, nuotare nelle acque del lago.
      La mascotte della zona è una sorta di lucertolone anfibio - una specie di serpente con le zampe - che, in effetti, vive davvero nel lago: trovarselo davanti mentre si nuota non è affatto piacevole,
      ma i locali giurano che sia innocuo

      Pulau We, sull'estrema punta nord di Sumatra, è forse il posto che mi è piaciuto di più:
      questa piccola isola, devastata dallo tsunami del 2004, è stata in parte ricostruita, grazie soprattutto all'aiuto di molte ONG.
      Nel 2006 non c'era ancora l'acqua corrente e le sistemazioni erano tanto spartane quanto affascinanti: per una modicissima somma si può soggiornare in una minuscola palafitta sul mare cristallino,
      inclusiva di geco domestico di almeno 10 cm di lunghezza,
      utilissimo contro le zanzare.
      Bisogna però prestare un pò di attenzione nei confronti delle scimmie:
      alcuni turisti olandesi, che avevano inopinatamente tentato di fotografarle coi flash, hanno riferito di esserne stati aggrediti.
      Le spiaggie sono incantevoli, bianche e circondate da palme, il mare è trasparente e ci si trova letteralmente a due passi da una spettacolare barriera corallina -
      sulla spiaggia si possono noleggiare pinne e maschera, nonchè una barca per escursioni nelle acque circostanti.
      Qui, in un paio di centimetri d'acqua, sono stata punta da un lion fish,
      un pesce tropicale velenoso, che mi ha gonfiato il piede come una salsiccia e mi ha impedito di camminare per tre giorni, lasciandomi zoppa per altri sei.
      Non è stata una bella esperienza - un dolore immane - per fortuna sono stata prontamente soccorsa dai locali, che mi hanno condotto in barca fino al medico dell'isola, il quale dopo un paio di punture (con aghi la cui lunghezza non voglio ricordare) mi ha dato alcuni sacchetti di pastiglie variamente colorate da prendere ogni tot ora - ovviamente il medico parlava solo indonesiano, ma per fortuna avevo imparato a contare fino a dieci.

      domenica 12 agosto 2007

      Jakarta, Indonesia


      Prima di visitare Jakarta credevo che al mondo
      non potesse esistere una città davvero brutta,
      priva di ogni minimo di fascino,
      senza neppure un angolo gradevole.
      Mi sono ricreduta, Jakarta è proprio così

      In questa megalopoli inquinatissima e rumorosa,
      solcata da super strade, con marciapiedi stretti e sconnessi -
      che ricordano ogni istante al pedone la sua sacrificabilità-
      si ha l'impressione costante di trovarsi all'estrema periferia
      e ciò in quanto non esiste alcun centro cittadino.
      Catapecchie, case coloniali mai ristrutturate e grattacieli iperbolici
      si inseguono tra arterie trafficatissime e canali mal odoranti
      come nell'incubo di maniaco sadico

      Gli olandesi - che nel 1619 conquistarono la città e la rasero al suolo -
      in preda ad un'insana nostalgia si misero a tirar su canali e mulini a vento:
      quel che ne resta si può "ammirare" nel quartiere di Kota (o Vecchia Batavia),
      case diroccate che si specchiano in acque putride (vere fogne a cielo aperto).

      Lo stesso odore, gli stessi miasmi insalubri, li si possono ritrovare
      - caso mai ne se sentisse la necessità -
      in quella che è la seconda tappa obbligata per il turista alla disperata ricerca di qualcosa che valga la pena fotografare: il porto dei velieri di Sunda Kelapa.
      Purtroppo quando ci sono stata io, di velieri ce n'erano pochi, con le vele piegate e senza gli sgargianti colori promessi dalla Lonely Planet - a dirla tutta, ho visto solo bagnarole, ma forse sono stata sfortunata.

      Se proprio, sotto tortura, dovessi parlare di qualcosa che mi è piaciuto, elencherei:
      1. Merdeka Square - lo so, chi c'è stato dirà che questo piazzone sormontato dall'obelisco è assolutamente insulso, ma è l'unico angolo di verde in tutta Jakarta ed è piacevole osservare la marea di aquiloni - preparatevi ad essere fotografati, questa è un pò una mania di tutta l'Indonesia: appena si vede un turista occidentale lo si fotografa o, più spesso, ci si fa fotografare insieme in un divertente ribaltamento di ruoli;
      2. Cafè Batavia, retrò e un pò squallido, ma per qualche minuto si dimentica il caos cittadino;
      3. Gran Melia, il nostro albergo, un enorme grattacielo cinque stelle, con piscina, palestra, sauna e massaggi - prenotato dall'Italia a prezzi modici - il trionfo del cattivo gusto, ma in un posto così non ero mai stata, sicché la considero un'esperienza

      Jakarta, Indonesia


      Prima di visitare Jakarta credevo che al mondo
      non potesse esistere una città davvero brutta,
      priva di ogni minimo di fascino,
      senza neppure un angolo gradevole.
      Mi sono ricreduta, Jakarta è proprio così

      In questa megalopoli inquinatissima e rumorosa,
      solcata da super strade, con marciapiedi stretti e sconnessi -
      che ricordano ogni istante al pedone la sua sacrificabilità-
      si ha l'impressione costante di trovarsi all'estrema periferia
      e ciò in quanto non esiste alcun centro cittadino.
      Catapecchie, case coloniali mai ristrutturate e grattacieli iperbolici
      si inseguono tra arterie trafficatissime e canali mal odoranti
      come nell'incubo di maniaco sadico

      Gli olandesi - che nel 1619 conquistarono la città e la rasero al suolo -
      in preda ad un'insana nostalgia si misero a tirar su canali e mulini a vento:
      quel che ne resta si può "ammirare" nel quartiere di Kota (o Vecchia Batavia),
      case diroccate che si specchiano in acque putride (vere fogne a cielo aperto).

      Lo stesso odore, gli stessi miasmi insalubri, li si possono ritrovare
      - caso mai ne se sentisse la necessità -
      in quella che è la seconda tappa obbligata per il turista alla disperata ricerca di qualcosa che valga la pena fotografare: il porto dei velieri di Sunda Kelapa.
      Purtroppo quando ci sono stata io, di velieri ce n'erano pochi, con le vele piegate e senza gli sgargianti colori promessi dalla Lonely Planet - a dirla tutta, ho visto solo bagnarole, ma forse sono stata sfortunata.

      Se proprio, sotto tortura, dovessi parlare di qualcosa che mi è piaciuto, elencherei:
      1. Merdeka Square - lo so, chi c'è stato dirà che questo piazzone sormontato dall'obelisco è assolutamente insulso, ma è l'unico angolo di verde in tutta Jakarta ed è piacevole osservare la marea di aquiloni - preparatevi ad essere fotografati, questa è un pò una mania di tutta l'Indonesia: appena si vede un turista occidentale lo si fotografa o, più spesso, ci si fa fotografare insieme in un divertente ribaltamento di ruoli;
      2. Cafè Batavia, retrò e un pò squallido, ma per qualche minuto si dimentica il caos cittadino;
      3. Gran Melia, il nostro albergo, un enorme grattacielo cinque stelle, con piscina, palestra, sauna e massaggi - prenotato dall'Italia a prezzi modici - il trionfo del cattivo gusto, ma in un posto così non ero mai stata, sicché la considero un'esperienza

      mercoledì 8 agosto 2007

      meno dieci


      Meno dieci

      mancano dieci giorni alla partenza
      e non ne posso più

      ormai sono in vacanza, ma ad essere in vacanza nella città in cui si lavora
      nella casa in cui si lavora
      davanti al pc con cui si lavora
      viene un'insensata voglia di lavorare -
      bhè, forse "voglia" è una parola grossa
      ma ho così tante incombenze ancora da sbrigare -
      le lezioni di Brescia, per dirne una

      forse è solo che con la testa sono già in vacanza
      anche con Milano ultimamente non ho un buon rapporto
      quasi non ci salutiamo più
      stento ad uscire dal mio quartiere -
      mi ricorda quando stavo a Genova e non uscivo mai dalle mura
      non è un atteggiamento sano

      meno dieci


      Meno dieci

      mancano dieci giorni alla partenza
      e non ne posso più

      ormai sono in vacanza, ma ad essere in vacanza nella città in cui si lavora
      nella casa in cui si lavora
      davanti al pc con cui si lavora
      viene un'insensata voglia di lavorare -
      bhè, forse "voglia" è una parola grossa
      ma ho così tante incombenze ancora da sbrigare -
      le lezioni di Brescia, per dirne una

      forse è solo che con la testa sono già in vacanza
      anche con Milano ultimamente non ho un buon rapporto
      quasi non ci salutiamo più
      stento ad uscire dal mio quartiere -
      mi ricorda quando stavo a Genova e non uscivo mai dalle mura
      non è un atteggiamento sano

      Buzzati, Sessanta racconti


      Dino Buzzati (1906-1972), Sessanta racconti, Mondadori

      Racconti brevi, più o meno velatamente surrealistici,
      alcuni ironici, alcuni marcati da quell'inquietudine che Buzzati seppe esprimere così bene nel Il deserto dei tartari.

      Tra i miei preferiti:
      I sette messaggeri, L'inaugurazione della strada, Direttissimo: sul tema del viaggio interminabile, verso una meta che non si potrà mai raggiungere, che si allontana ad ogni passo

      Sette piani, Eppure battono alla porta, Una cosa che comincia per l, Qualcosa era successo, I topi: l'angoscia, piccoli segni funesti che si combinano nel presagio di un evento tragico, l'attesa dell'ineluttabile, lo sforzo umano di ignorarlo, tacerlo, fino a quando se ne è travolti

      Il bambino tiranno, Il cane che ha visto Dio:
      ritratti divertenti e amari delle ipocrisie e delle miserie umane


      In questo blog di Buzzati è recensito anche: Un amore

      Buzzati, Sessanta racconti


      Dino Buzzati (1906-1972), Sessanta racconti, Mondadori

      Racconti brevi, più o meno velatamente surrealistici,
      alcuni ironici, alcuni marcati da quell'inquietudine che Buzzati seppe esprimere così bene nel Il deserto dei tartari.

      Tra i miei preferiti:
      I sette messaggeri, L'inaugurazione della strada, Direttissimo: sul tema del viaggio interminabile, verso una meta che non si potrà mai raggiungere, che si allontana ad ogni passo

      Sette piani, Eppure battono alla porta, Una cosa che comincia per l, Qualcosa era successo, I topi: l'angoscia, piccoli segni funesti che si combinano nel presagio di un evento tragico, l'attesa dell'ineluttabile, lo sforzo umano di ignorarlo, tacerlo, fino a quando se ne è travolti

      Il bambino tiranno, Il cane che ha visto Dio:
      ritratti divertenti e amari delle ipocrisie e delle miserie umane


      In questo blog di Buzzati è recensito anche: Un amore

      martedì 7 agosto 2007

      Ragusa





      Ragusa è una città incantevole,
      specialmente la parte antica, Ibla:
      abbarbicata su una collina, pulita come una cittadina svizzera,
      è un intrico di scale, viuzze,
      vicoli, piazze e arte barocca
      - qui sono state girate alcune scene del serial tv di Montalbano

      Dal momento che enrico ha già decantato la bellezze del mare,
      mi soffermerò sui tesori culinari.

      Fantastico il ristorante Cucina e vino (via Orfanotrofio 91, vicino alla piazza principale di Ibla), dove ho assaggiato:
      alici alla parmigiana, frittata di gamberetti con erba cipollina, mozzarella farcita di ricotta servita con conserve varie (zuccine, peperoni, pomodorini, ecc.), spaghetti ai ricci, spada con cipolle e pomodoro e soprattutto gli eccezionali ravioli di ricotta al sugo di maiale (insuperabili).

      A colazione è d'obbligo la granita di mandorle (o di caffè), servita con apposito bombolone;
      ma chi vuol rimanere leggero può limitarsi al latte di mandorle - non mancano ovviamente i cannoli alla ricotta.

      Insomma: un altro posto sconsigliato a tutti quelli che sono a dieta