mercoledì 26 settembre 2007

M. Ignatieff, Una ragionevole apologia dei diritti umani


"la moralità umana in generale e i diritti umani in particolare
rappresentano un tentativo sistematico
di correggere e contrastare le tendenze naturali
che abbiamo scoperto in noi stessi in quanto esseri umani"





Il testo si compone di due saggi.
Il primo saggio, I diritti umani come politica,
contiene una serie di riflessioni, piuttosto frammentarie,
sulla tutela internazionale dei diritti e
sui rapporti tra i diritti umani, da un lato,
sovranità statale, integrità territoriale e democrazia, dall'altro.
Nel complesso questa prima parte mi è parsa piuttosto deludente:
Ignatieff oscilla tra ragionevoli banalità e
tesi spesso opinabili e sempre poco argomentate.

In particolare, è discutibile l'idea secondo cui l'intervento a
(presunta) difesa dei diritti umani
debba ispirarsi allo stesso principio del consenso informato
che si applica in campo medico:
stante, infatti, l'impossibilità di accertare l'effettivo consenso
da parte della popolazione coinvolta,
in campo internazionale un simile principio non potrebbe che tradursi
in una presunzione di consenso, che aprirebbe surrettiziamente il campo a considerazioni di matrice paternalistica
opposte al principio medico del consenso informato
- il quale si è affermato proprio per evitare che
i medici scelgano al posto dei pazienti (sia pure nel loro interesse) -

Più in generale, il favore di Ignatieff per l'intervento armato appare in
netto contrasto con la tesi secondo cui
"I governi che concedono sicurezza ai propri cittadini
senza democrazia sono preferibili all'assenza totale di governo" (p. 40),
posto che egli stesso ammette che,
fino ad oggi, tali interventi non hanno prodotto che anarchia
e nuove forme di oppressione
- nè Ignatieff è in grado di articolare
alcuna proposta concreta per evitare che ciò possa ripetersi in futuro.

Il secondo saggio, Diritti umani come idolatria, affronta
la critica secondo cui i diritti umani non rappresentano altro che
una giustificazione dell'imperialismo morale occidentale,
un'ideologia che legittima il capitalismo globale.

A questa critica Ignatieff oppone l'esigenza di una teoria leggera dei diritti umani,
che prescinda da qualsiasi idea di natura umana,
si fondi su una giustificazione prudenziale e
non pretenda di imporre una data concezione del bene, ma si limiti a definire
le condizioni minime di vita.

Al riguardo, però, se è vero che una giustificazione minimalista dei diritti umani
- che rigetti ogni fondazione di tipo giusnaturalistico - sembra in grado
di conciliare l'universalismo con il pluralismo culturale e morale,
non si vede perchè una simile giustificazione debba sfociare in un catalogo di diritti
anch'esso minimalista e, per di più, di matrice esclusivamente liberale.
A mio giudizio, l'individualismo morale che, secondo Ignatieff, caratterizza i diritti
in quanto strumenti per tutelare l'individuo contro l'oppressione di determinati gruppi
(lo stato, la famiglia, la religione, ecc.),
non è affatto estraneo ai diritti sociali. Mi spiego.

Storicamente l'individualismo si lega
ai diritti negativi della tradizione liberale,
mentre la nascita dei diritti sociali
si accompagna all'apparizione dei grandi movimenti di massa.
Tuttavia anche i diritti sociali possono essere ricostruiti in chiave individualistica:
è un interesse primariamente individuale quello di avere una casa,
essere curati in caso di malattie, ecc.
A simili diritti poi non è affatto estranea la dimensione del conflitto:
anch'essi costituiscono dei mezzi per difendere l'individuo contro gruppi di oppressione -
specie di carattere economico.

M. Ignatieff, Una ragionevole apologia dei diritti umani


"la moralità umana in generale e i diritti umani in particolare
rappresentano un tentativo sistematico
di correggere e contrastare le tendenze naturali
che abbiamo scoperto in noi stessi in quanto esseri umani"





Il testo si compone di due saggi.
Il primo saggio, I diritti umani come politica,
contiene una serie di riflessioni, piuttosto frammentarie,
sulla tutela internazionale dei diritti e
sui rapporti tra i diritti umani, da un lato,
sovranità statale, integrità territoriale e democrazia, dall'altro.
Nel complesso questa prima parte mi è parsa piuttosto deludente:
Ignatieff oscilla tra ragionevoli banalità e
tesi spesso opinabili e sempre poco argomentate.

In particolare, è discutibile l'idea secondo cui l'intervento a
(presunta) difesa dei diritti umani
debba ispirarsi allo stesso principio del consenso informato
che si applica in campo medico:
stante, infatti, l'impossibilità di accertare l'effettivo consenso
da parte della popolazione coinvolta,
in campo internazionale un simile principio non potrebbe che tradursi
in una presunzione di consenso, che aprirebbe surrettiziamente il campo a considerazioni di matrice paternalistica
opposte al principio medico del consenso informato
- il quale si è affermato proprio per evitare che
i medici scelgano al posto dei pazienti (sia pure nel loro interesse) -

Più in generale, il favore di Ignatieff per l'intervento armato appare in
netto contrasto con la tesi secondo cui
"I governi che concedono sicurezza ai propri cittadini
senza democrazia sono preferibili all'assenza totale di governo" (p. 40),
posto che egli stesso ammette che,
fino ad oggi, tali interventi non hanno prodotto che anarchia
e nuove forme di oppressione
- nè Ignatieff è in grado di articolare
alcuna proposta concreta per evitare che ciò possa ripetersi in futuro.

Il secondo saggio, Diritti umani come idolatria, affronta
la critica secondo cui i diritti umani non rappresentano altro che
una giustificazione dell'imperialismo morale occidentale,
un'ideologia che legittima il capitalismo globale.

A questa critica Ignatieff oppone l'esigenza di una teoria leggera dei diritti umani,
che prescinda da qualsiasi idea di natura umana,
si fondi su una giustificazione prudenziale e
non pretenda di imporre una data concezione del bene, ma si limiti a definire
le condizioni minime di vita.

Al riguardo, però, se è vero che una giustificazione minimalista dei diritti umani
- che rigetti ogni fondazione di tipo giusnaturalistico - sembra in grado
di conciliare l'universalismo con il pluralismo culturale e morale,
non si vede perchè una simile giustificazione debba sfociare in un catalogo di diritti
anch'esso minimalista e, per di più, di matrice esclusivamente liberale.
A mio giudizio, l'individualismo morale che, secondo Ignatieff, caratterizza i diritti
in quanto strumenti per tutelare l'individuo contro l'oppressione di determinati gruppi
(lo stato, la famiglia, la religione, ecc.),
non è affatto estraneo ai diritti sociali. Mi spiego.

Storicamente l'individualismo si lega
ai diritti negativi della tradizione liberale,
mentre la nascita dei diritti sociali
si accompagna all'apparizione dei grandi movimenti di massa.
Tuttavia anche i diritti sociali possono essere ricostruiti in chiave individualistica:
è un interesse primariamente individuale quello di avere una casa,
essere curati in caso di malattie, ecc.
A simili diritti poi non è affatto estranea la dimensione del conflitto:
anch'essi costituiscono dei mezzi per difendere l'individuo contro gruppi di oppressione -
specie di carattere economico.

lunedì 24 settembre 2007

Kurt Vonnegut, Mattatoio n.5 o La crociata dei bambini




"Quasi non ci sono personaggi,
in questa storia,
e quasi non ci sono confronti drammatici,
perché la maggior parte degli individui che vi figurano

sono malridotti,
sono solo trastulli indifferenti in mano a forze immense
"


Billy Pilgrim è un tipo strambo. Billy Pilgrim ha viaggiato nel tempo:
avanti e indietro per i diversi momenti della sua vita -
mai più avanti, mai più indietro, mai da un'altra parte.

Billy Pilgrim è nato, si è sposato con una donna brutta e ricca,
è stato fatto prigioniero dai tedeschi, ha assistito al bombardamento di Dresda,
è diventato un ottico importante, ha fatto due figli ed è morto.
Ma non in quest'ordine.
La sua vita è un guazzabuglio di salti-spazio temporali
e Billy si trova sempre a improvvisare una parte che non conosce o a rivivere un momento del suo futuro o del suo passato - entrambi i concetti non hanno molto senso per lui

Billy Pilgrim è stato anche rapito dai trafalmadoriani, degli extra-terresti che vivono in 4 dimensioni, riescono a vedere il tempo in tutti i suoi momenti e hanno insegnato a Billy
che il libero arbitrio non esiste,
perchè è impossibile cambiare un futuro che è già stato e sempre sarà,
ma che non esiste nemmeno la morte, perchè chi è morto nel presente, è ancora vivo nel passato - e, del resto, tutti siamo morti in qualche futuro.
Nessuna libertà, insomma. Non possiamo che restare a guardare ciò succede (e sempre è successo e succederà), non possiamo che fare ciò che facciamo e che, quindi, dobbiamo fare,
senza poter cambiare nulla, senza responsabilità, ma anche senza paura.

O forse Billy Pilgrim non ha viaggiato nel tempo,
forse non è neppure stato su Trafalmadore,
ma si è semplicemente rincitrullito dopo un incidente aereo.
Del resto cosa mai cambierebbe?
Anche se la concezione trafalmadoriana dell'esistenza fosse un'assurdità,
non per questo si potrebbe dire che Billy Pilgrim abbia mai avuto il controllo della propria vita,
o che avrebbe potuto cambiare qualcosa nelle tragedie storiche cui ha assistito.
Billy e gli altri resterebbero comunque spettatori inerti e non troppo interessati di uno spettacolo gestito da forze immense.

Certo, un libro contro la guerra, che è sempre una crociata di bambini,
una critica dura e, a tratti, esplicita del mito americano e delle sue implicazioni sociali,
ma, come tutti i capolavori, Mattatoio n.5,
non ruota attorno ad un unico tema, ma fa vagare il suo sguardo dolce-amaro
tra tutte le pieghe di quella commedia tragica che è sempre la vita
(che sempre è stata e sempre sarà).

Kurt Vonnegut, Mattatoio n.5 o La crociata dei bambini




"Quasi non ci sono personaggi,
in questa storia,
e quasi non ci sono confronti drammatici,
perché la maggior parte degli individui che vi figurano

sono malridotti,
sono solo trastulli indifferenti in mano a forze immense
"


Billy Pilgrim è un tipo strambo. Billy Pilgrim ha viaggiato nel tempo:
avanti e indietro per i diversi momenti della sua vita -
mai più avanti, mai più indietro, mai da un'altra parte.

Billy Pilgrim è nato, si è sposato con una donna brutta e ricca,
è stato fatto prigioniero dai tedeschi, ha assistito al bombardamento di Dresda,
è diventato un ottico importante, ha fatto due figli ed è morto.
Ma non in quest'ordine.
La sua vita è un guazzabuglio di salti-spazio temporali
e Billy si trova sempre a improvvisare una parte che non conosce o a rivivere un momento del suo futuro o del suo passato - entrambi i concetti non hanno molto senso per lui

Billy Pilgrim è stato anche rapito dai trafalmadoriani, degli extra-terresti che vivono in 4 dimensioni, riescono a vedere il tempo in tutti i suoi momenti e hanno insegnato a Billy
che il libero arbitrio non esiste,
perchè è impossibile cambiare un futuro che è già stato e sempre sarà,
ma che non esiste nemmeno la morte, perchè chi è morto nel presente, è ancora vivo nel passato - e, del resto, tutti siamo morti in qualche futuro.
Nessuna libertà, insomma. Non possiamo che restare a guardare ciò succede (e sempre è successo e succederà), non possiamo che fare ciò che facciamo e che, quindi, dobbiamo fare,
senza poter cambiare nulla, senza responsabilità, ma anche senza paura.

O forse Billy Pilgrim non ha viaggiato nel tempo,
forse non è neppure stato su Trafalmadore,
ma si è semplicemente rincitrullito dopo un incidente aereo.
Del resto cosa mai cambierebbe?
Anche se la concezione trafalmadoriana dell'esistenza fosse un'assurdità,
non per questo si potrebbe dire che Billy Pilgrim abbia mai avuto il controllo della propria vita,
o che avrebbe potuto cambiare qualcosa nelle tragedie storiche cui ha assistito.
Billy e gli altri resterebbero comunque spettatori inerti e non troppo interessati di uno spettacolo gestito da forze immense.

Certo, un libro contro la guerra, che è sempre una crociata di bambini,
una critica dura e, a tratti, esplicita del mito americano e delle sue implicazioni sociali,
ma, come tutti i capolavori, Mattatoio n.5,
non ruota attorno ad un unico tema, ma fa vagare il suo sguardo dolce-amaro
tra tutte le pieghe di quella commedia tragica che è sempre la vita
(che sempre è stata e sempre sarà).

lunedì 10 settembre 2007

Civil war







Civil war
A Marvel Comics Event
di Millar, McNiven, Vines, Hollowell



Durante le riprese del loro reality show,
un gruppo di giovani (e inesperti) supereroi, i New Warrions,
al dichiarato scopo di aumentare l'audience, si lancia all'inseguimento di alcuni pericolosi criminali:
uno di questi, Nitro, determina un'esposione
che causa centinaia di morti tra i bambini della Stamford Elementary School.
L'opinione pubblica americana, sconvolta dalla tragedia,
s'interroga sulla pericolosità dei super-umani e
il Congresso, con l'appoggio di Tony Stark (alias Ironman) vara un atto di registrazione
che obbliga tutti i super-eroi a dichiarare la propria identità al governo,
prevedendo, per chi rifiuti di farlo,
l'arresto e la detenzione in un supercarcere progettato
da Reed Richards (Mister Fantastic), denominato '42' e situato nella zona negativa.

La comunità dei super-eroi (e dei super-criminali)
si scinde in due blocchi contrapposti:
da un lato, i ribelli guidati da Capitan America (e appoggiati da Nick Fury)
- tra le cui fila si annoverano, tra gli altri, la donna ragno,
Susan Storm (la donna invisibile), suo fratello Johnny (la Torcia umana),
Pantera Nera, e, ovviamente, Falcon -
dall'altro, i "registrati", guidati da Ironman, Reed Richards e Henry Pym -
che contano tra i propri adepti anche Miss Marvel, Sentry, un cyborg di Thor,
nonché alcuni super-criminali reclutati all'uopo sotto la sigla di Thunderbolts.

La trama non è certo originale e ricalca da vicino la prima pellicola
degli X-men, per la tematica della registrazione,
e il terzo film degli stessi (X-men, The last stand),
per il tema delle fazioni contrapposte e, persino,
per il leit motiv "Whose side are you on?"-
tutto ciò a riprova della crisi di creatività in cui versano da tempo gli autori della Marvel.

Nonostante ciò, non mancano interessanti (per quanto scontati) agganci
con l'attuale situazione politica americana:
il conflitto tra l'esigenza di sicurezza della popolazione, da un lato,
le libertà civili e i diritti umani dei super-umani, dall'altro, riproduce in pieno
le tensioni tra guerra al terrorismo e salvaguardia delle libertà fondamentali -
e il carcere 42, sottratto alla giurisdizione americana
perchè situato in un'extra-dimensione (la zona negativa),
ricorda fin troppo da vicino l'atroce realtà di Guantanamo.

Purtroppo, però, nel fumetto queste tematiche
sono trattate in modo superficiale,
soffocate dalle scene d'azione e da una trama un pò troppo sovraccarica,
dove non mancano alcuni refusi - che ci fa Murdock (alias Daredevil)
al tavolo con Capitan America, quando all'epoca dei fatti si trova in carcere
e il suo posto è stato preso da Denny Rand (alias Pugno D'acciaio)?

Se l'idea di far capeggiare la rivolta da Capitan America,
il super-soldato, l'eroe più americano di tutti, poteva celare interessanti implicazioni
politiche, il finale - quanto mai deludente - sembra ribadire il trionfo della legalità,
del rispetto della legge qualunque essa sia. Capitan America sta per sferrare il colpo decisivo
contro Ironman ma viene fermato da umanissimi poliziotti (che, invece di sparargli, chissà perchè, lo afferrano in massa scaraventandolo al suolo) e allora capisce:
"We are not fighting for the people anymore (...) We're just fighting"
- come se lottare per i diritti dei super-umani all'habeas corpus, ad un giusto processo o anche solo a non svelare la propria identità non fosse lottare 'for the people' -
se trasposto al mondo reale, un simile finale supera i più rosei sogni dell'amministrazione Bush.

E così Capitan America finisce in prigione, gli altri ribelli accettano l'amnistia e si registrano, Susan Storm torna a casa dal marito Reed Richards
(senza concedersi neppure questa volta una scappatella con Namor),
il sempre più migliardario Tony Stark allunga le mani sullo S.H.I.E.L.D.,
e la Marvel può rimpiangere un'altra bella occasione sprecata.

Civil war







Civil war
A Marvel Comics Event
di Millar, McNiven, Vines, Hollowell



Durante le riprese del loro reality show,
un gruppo di giovani (e inesperti) supereroi, i New Warrions,
al dichiarato scopo di aumentare l'audience, si lancia all'inseguimento di alcuni pericolosi criminali:
uno di questi, Nitro, determina un'esposione
che causa centinaia di morti tra i bambini della Stamford Elementary School.
L'opinione pubblica americana, sconvolta dalla tragedia,
s'interroga sulla pericolosità dei super-umani e
il Congresso, con l'appoggio di Tony Stark (alias Ironman) vara un atto di registrazione
che obbliga tutti i super-eroi a dichiarare la propria identità al governo,
prevedendo, per chi rifiuti di farlo,
l'arresto e la detenzione in un supercarcere progettato
da Reed Richards (Mister Fantastic), denominato '42' e situato nella zona negativa.

La comunità dei super-eroi (e dei super-criminali)
si scinde in due blocchi contrapposti:
da un lato, i ribelli guidati da Capitan America (e appoggiati da Nick Fury)
- tra le cui fila si annoverano, tra gli altri, la donna ragno,
Susan Storm (la donna invisibile), suo fratello Johnny (la Torcia umana),
Pantera Nera, e, ovviamente, Falcon -
dall'altro, i "registrati", guidati da Ironman, Reed Richards e Henry Pym -
che contano tra i propri adepti anche Miss Marvel, Sentry, un cyborg di Thor,
nonché alcuni super-criminali reclutati all'uopo sotto la sigla di Thunderbolts.

La trama non è certo originale e ricalca da vicino la prima pellicola
degli X-men, per la tematica della registrazione,
e il terzo film degli stessi (X-men, The last stand),
per il tema delle fazioni contrapposte e, persino,
per il leit motiv "Whose side are you on?"-
tutto ciò a riprova della crisi di creatività in cui versano da tempo gli autori della Marvel.

Nonostante ciò, non mancano interessanti (per quanto scontati) agganci
con l'attuale situazione politica americana:
il conflitto tra l'esigenza di sicurezza della popolazione, da un lato,
le libertà civili e i diritti umani dei super-umani, dall'altro, riproduce in pieno
le tensioni tra guerra al terrorismo e salvaguardia delle libertà fondamentali -
e il carcere 42, sottratto alla giurisdizione americana
perchè situato in un'extra-dimensione (la zona negativa),
ricorda fin troppo da vicino l'atroce realtà di Guantanamo.

Purtroppo, però, nel fumetto queste tematiche
sono trattate in modo superficiale,
soffocate dalle scene d'azione e da una trama un pò troppo sovraccarica,
dove non mancano alcuni refusi - che ci fa Murdock (alias Daredevil)
al tavolo con Capitan America, quando all'epoca dei fatti si trova in carcere
e il suo posto è stato preso da Denny Rand (alias Pugno D'acciaio)?

Se l'idea di far capeggiare la rivolta da Capitan America,
il super-soldato, l'eroe più americano di tutti, poteva celare interessanti implicazioni
politiche, il finale - quanto mai deludente - sembra ribadire il trionfo della legalità,
del rispetto della legge qualunque essa sia. Capitan America sta per sferrare il colpo decisivo
contro Ironman ma viene fermato da umanissimi poliziotti (che, invece di sparargli, chissà perchè, lo afferrano in massa scaraventandolo al suolo) e allora capisce:
"We are not fighting for the people anymore (...) We're just fighting"
- come se lottare per i diritti dei super-umani all'habeas corpus, ad un giusto processo o anche solo a non svelare la propria identità non fosse lottare 'for the people' -
se trasposto al mondo reale, un simile finale supera i più rosei sogni dell'amministrazione Bush.

E così Capitan America finisce in prigione, gli altri ribelli accettano l'amnistia e si registrano, Susan Storm torna a casa dal marito Reed Richards
(senza concedersi neppure questa volta una scappatella con Namor),
il sempre più migliardario Tony Stark allunga le mani sullo S.H.I.E.L.D.,
e la Marvel può rimpiangere un'altra bella occasione sprecata.

Adams, Ristorante al termine dell'universo




"Tra i maggiori problemi che si incontrano
durante i viaggi nel tempo
non c'è quello di poter diventare padri o madri di se stessi.
Infatti diventare padri o madri di se stessi
è un inconveniente al quale una famiglia di idee larghe
e ben adattata alla società
è perfettamente in grado di far fronte (...)
Il problema fondamentale del viaggio nel tempo è, molto semplicemente,
un problema di grammatica
"


Al termine di Guida Galattica per gli autostoppisti
i nostri eroi avevano manifestato l'intento di andare a mangiare un boccone
al ristorante al termine dell'universo e qui li ritroviamo cinquecentosettantaseimila milioni di anni dopo - ossia, per l'appunto, al termine dell'universo.
L'istrionico Zaphod Beeblebrox, ex presidente della galassia,
Ford Perfect, corrispondente della Guida Galattica,
Marvin, il robot depresso,
Trillian (alias Tricia McMillan) e Arthur Dent, ultimi sopravvissuti della razza terrestre,
sono, loro malgrado, coinvolti in un'avventura
in giro per lo spazio ed il tempo
che li porterà a scoprire chi davvero governa l'universo
- nonché un altro sconvolgente segreto sull'ormai scomparso pianeta Terra

Meno esuberante e irresistibile della Guida galattica per gli autostoppisti
è comunque un libro divertente che si legge con piacere
e dove non manca qualche trovata geniale - quale, ad esempio, il piatto del giorno, ossia l'idea di allevare un animale
"che volesse veramente essere mangiato e fosse in grado di dirlo chiaramente,
senza mezzi termini"

Adams, Ristorante al termine dell'universo




"Tra i maggiori problemi che si incontrano
durante i viaggi nel tempo
non c'è quello di poter diventare padri o madri di se stessi.
Infatti diventare padri o madri di se stessi
è un inconveniente al quale una famiglia di idee larghe
e ben adattata alla società
è perfettamente in grado di far fronte (...)
Il problema fondamentale del viaggio nel tempo è, molto semplicemente,
un problema di grammatica
"


Al termine di Guida Galattica per gli autostoppisti
i nostri eroi avevano manifestato l'intento di andare a mangiare un boccone
al ristorante al termine dell'universo e qui li ritroviamo cinquecentosettantaseimila milioni di anni dopo - ossia, per l'appunto, al termine dell'universo.
L'istrionico Zaphod Beeblebrox, ex presidente della galassia,
Ford Perfect, corrispondente della Guida Galattica,
Marvin, il robot depresso,
Trillian (alias Tricia McMillan) e Arthur Dent, ultimi sopravvissuti della razza terrestre,
sono, loro malgrado, coinvolti in un'avventura
in giro per lo spazio ed il tempo
che li porterà a scoprire chi davvero governa l'universo
- nonché un altro sconvolgente segreto sull'ormai scomparso pianeta Terra

Meno esuberante e irresistibile della Guida galattica per gli autostoppisti
è comunque un libro divertente che si legge con piacere
e dove non manca qualche trovata geniale - quale, ad esempio, il piatto del giorno, ossia l'idea di allevare un animale
"che volesse veramente essere mangiato e fosse in grado di dirlo chiaramente,
senza mezzi termini"

sabato 1 settembre 2007

Yosemite National Park





Foreste, montagne, sequoie giganti (il Grizzly Giant ha circa 2700 anni), laghi, cascate (ma non in questa stagione), panorami mozzafiato:
lo Yosemite National Park e' a ragione considerato uno dei parchi piu' belli degli U.S. (se non il piu' bello).

Perticolarmente suggestiva la veduta dall'Omsted point (foto) -
da qui parte un sentiero che in circa 35 minuti conduce allo splendido Tenaya Lake - ci si puo' anche arrivare in macchina ma vale la pena di farlo a piedi per godere di qualche minuto di solitudine, bene prezioso in questo affollatissimo parco. Lungo il cammino abbiamo anche incrociato svariati cervi e cerbiatti - oltre agli immancabili scoiattoli e picchi colorati.

L'attrazione principale del parco è l'orso bruno - un bestione che puo' superare il metro di altezza e che, come l'orso Yoghi, pare avere una passione per i "cestini delle merende": capita infatti che gli orsi si avventurino nottetempo nei campeggi in cerca di cibo, distruggano macchine e tende, aggredendo i turisti e finendo per dover essere abbattuti dai rangers.
Per evitare queste spiacevoli conseguenze nel parco vigono prescrizioni rigidissime:
e' assolutamente vietato tenere in tenda o in macchina
cibo, deodoranti, dentifricio, sapone, acqua
- rispetto alla proibizione dell'acqua (apparentemente inspiegabile) abbiamo formulato almeno due ipotesi:
a) le bottigliette dell'acqua stanno spesso nelle borse frigo con i cibi e puo' accadere che ne assorbano l'odore (è difficile ma puo' accadere);
b) l'orso riconosce l'odore della plastica e potrebbe associarlo al cibo - posto che talvolta questo e' rinchiuso in contenitori di plastica.

In ogni caso, tutti questi divieti rendono cosi' tangibile la presenza dell'orso che, alla fine, ci si dimentica di non averlo visto.

Per ulteriori informazioni su questo splendido parco vi consiglio di consultare sul sito di vacanze verdi l'articolo Yosemite, uno spettacolo naturale

Yosemite National Park





Foreste, montagne, sequoie giganti (il Grizzly Giant ha circa 2700 anni), laghi, cascate (ma non in questa stagione), panorami mozzafiato:
lo Yosemite National Park e' a ragione considerato uno dei parchi piu' belli degli U.S. (se non il piu' bello).

Perticolarmente suggestiva la veduta dall'Omsted point (foto) -
da qui parte un sentiero che in circa 35 minuti conduce allo splendido Tenaya Lake - ci si puo' anche arrivare in macchina ma vale la pena di farlo a piedi per godere di qualche minuto di solitudine, bene prezioso in questo affollatissimo parco. Lungo il cammino abbiamo anche incrociato svariati cervi e cerbiatti - oltre agli immancabili scoiattoli e picchi colorati.

L'attrazione principale del parco è l'orso bruno - un bestione che puo' superare il metro di altezza e che, come l'orso Yoghi, pare avere una passione per i "cestini delle merende": capita infatti che gli orsi si avventurino nottetempo nei campeggi in cerca di cibo, distruggano macchine e tende, aggredendo i turisti e finendo per dover essere abbattuti dai rangers.
Per evitare queste spiacevoli conseguenze nel parco vigono prescrizioni rigidissime:
e' assolutamente vietato tenere in tenda o in macchina
cibo, deodoranti, dentifricio, sapone, acqua
- rispetto alla proibizione dell'acqua (apparentemente inspiegabile) abbiamo formulato almeno due ipotesi:
a) le bottigliette dell'acqua stanno spesso nelle borse frigo con i cibi e puo' accadere che ne assorbano l'odore (è difficile ma puo' accadere);
b) l'orso riconosce l'odore della plastica e potrebbe associarlo al cibo - posto che talvolta questo e' rinchiuso in contenitori di plastica.

In ogni caso, tutti questi divieti rendono cosi' tangibile la presenza dell'orso che, alla fine, ci si dimentica di non averlo visto.

Per ulteriori informazioni su questo splendido parco vi consiglio di consultare sul sito di vacanze verdi l'articolo Yosemite, uno spettacolo naturale