lunedì 4 gennaio 2010

Il libro d'oro 2009

Come negli ultimi due anni (2007; 2008) pubblico qui di seguito il commento con cui Teoz ha assegnato il suo personalissimo premio al libro più bello letto nel 2009.

Dico subito che non ho letto il romanzo vincitore, e nemmeno i libri oggetto di menzione speciale, sicché non posso esprimere un mio parere - non ancora. Personalmente il libro più bello che ho letto quest'anno è, senza dubbio, La famiglia Winshaw, di Jonathan Coe.




Per il secondo anno consecutivo la scelta per il premio "Libro d'oro" alla mia miglior lettura dell'anno solare 2009 é relativamente facile. In effetti sulla scia della schiacciante vittoria di "Everyman" nella scorsa edizione ho passato buona parte dei primi mesi dell'anno a leggere e rileggere Philip Roth.
Quasi matematico quindi che fosse una sua opera ad ottenere il riconoscimento. E' la prima volta che un autore vince per due anni di seguito - mi sono anche chiesto se la cosa fosse regolare ma d'altronde il premio é mio e le regole le faccio io. Il premio 2009 va quindi a "Il complotto contro l'America" di Philip Roth.
E' un libro straordinario in cui Roth reinventa la storia degli Stati Uniti e del mondo e ce la presenta vista ed intensamente vissuta da una famiglia ebrea di Newark. Nel 1940 é Lindbergh e non Roosvelt a vincere le elezioni presidenziali. Le conseguenze sono drammatiche: isolazionismo, intesa con Hitler, dubbi programmi di programmi di promozione dell' integrazione degli ebrei nella società americana.
Un'opera politica potente, di ampio respiro ed allo stesso tempo il racconto appassionante di vicissitudini e sentimenti personali. Un libro che riafferma una volta di piu' la supremazia del romanzo su ogni altra forma letteraria.



Questa rassegna non prevede medaglie d'argento o premi di consolazione. Tuttavia voglio segnalare almeno un altro paio di libri che mi hanno appassionato. "Il potere del cane" di Don Winslow, un noir intenso e selvaggio su droga e narcotraffico ambientato fra Messico e Stati Uniti. Questo libro che racconta in modo molto verosimile le pratiche delle svariate sporche guerre combattute dagli americani in America Latina politicamente é un po' il rovescio della medaglia rispetto al libro di Roth.
La bravura di Winslow - di cui ho amato tantissimo anche "L'inverno di Frankie Machine" - é soprattutto quella di tenere con grande naturalezza le fila di un intreccio complesso e di seguire come un regista cinematografico le vite dei numerosi personaggi.

Infine il sorprendente "La morte di Bunny Munro" di Nick Cave (si proprio lui), un libro comico e tragico, vero ed inverosimile scritto benissimo e con un ritmo sfrenato. Una grossa delusione invece ho avuto da "American Gods" di Neil Gaiman da cui mi attendevo moltissimo specie dopo un inizio affascinante e che invece poi ho finito quasi solo per rispetto sfiancato dall'eccesiva astrusità del racconto.

Buon 2010 letterario a tutti nel cinquantesimo anniversario della morte di Camus

venerdì 1 gennaio 2010

i 5 post più letti del 2009


Ecco i 5 post più letti del 2009:

5) La recensione ad Allen Carr, Easy way, 1985, trad. it., E' facile smettere di fumare, EWI, Milano - per tutti quelli che ci provano

4) Grice e la teoria delle implicature conversazionali - per tutti quelli che non lo dicono, lo suggeriscono soltanto

3) Recensione a Eduard Estevill, Dormi bambino, dormi - per tutti quelli che non dormono

2) Recensione a John Steinbeck, Furore - per tutti quelli che lottano

1) Con ben 1.150 visitarori unici, la recensione di Tracy Hogg, Il linguaggio segreto dei neonati - per tutti i neo-genitori

sabato 26 dicembre 2009

Müller, In viaggio su una gamba sola


In viaggio su una gamba sola (titolo originale, Reisende auf einem Bein, 1989), è il racconto di quello che Irene vede, e deforma, attraverso i suoi occhi. Sono i sogni e gli incubi di Irene. Gli incontri - stralci di amori - i dialoghi spezzati. Un flusso di coscienza frantumato in brevi periodi sintattici. Un flusso di coscienza zoppicante. Su una gamba sola, appunto.
Uno stile narrativo originale, che stanca prestissimo. Molto brava la traduttrice, Lidia Castellani.

Irene, come Herta Müller, è una profuga che fugge da un regime dittatoriale e chiede asilo in Germania, ottenendo poi la nazionalità tedesca - eppure è difficile ritenere che questo strano libro possa in qualche modo essere autobiografico - tanto è tutto esasperato, onirico, irreale, così teso in uno sforzo intimista che, alla fine, di intimo non rimane nulla.

Troppa poesia, si potrebbe dire - ottima poesia, sia detto, a molti di sicuro piacerà. Anche il tentativo - mai dichiarato, ma così palesemente inseguito - di rendere lo stato di estraniamento (displacement, come si suol dire) dei profughi, o degli stranieri in genere - Reisende auf einem Bein, letteralmente: i viaggiatori su una gamba sola - il loro difficile rapporto con le città d'accoglienza, alla fine fallisce - resta solo il compiacimento per la personalità borderline di Irene - il compiacimento artistico.

Nel 2009 Herta Müller ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura, con la seguente motivazione: «Con la concentrazione della poesia e la franchezza della prosa ha rappresentato il mondo dei diseredati». Ma io non ho letto altri libri.



sabato 28 novembre 2009

Faletti, Io uccido


Ero curiosa di leggere un libro che ha venduto milioni di copie (più di 4 milioni di copie!), ma, onestamente, non credevo che mi sarebbe piaciuto - un po' perché il genere thriller non mi appassiona e un po', devo ammetterlo, proprio perché aveva venduto milioni di copie.
Non si tratta (solo) di snobbismo: il sospetto verso la "letteratura di massa" - come verso il "cinema di massa", quello che guardano tutti, Vacanze di Natale, per intenderci - è, a mio giudizio, perfettamente legittimo.

E poi Giorgio Faletti mi è anche antipatico - mi era simpatico, quando parlava di giumbotti e impersonava Vito Catozzo, mi è antipatico adesso che gira spot a favore del copyright - non è solo che ha un'opinione diversa dalla mia: è che la sua è sbagliata e bisogna proprio essere superficiali o, peggio, avidi, per non capire che il copyright sta uccidendo la diffusione della cultura.

Insomma ho letto Io uccido animata dai peggiori pregiudizi, e mi è piaciuto. E' proprio un bel thriller: una scrittura scorrevole, una struttura narrativa solida, una trama ben costruita, personaggi azzeccati e convincenti - suggestiva e originale anche l'ambientazione a Monte Carlo.
Decisamente più avvicente e, soprattutto, meglio cogegnato dell'unico altro romanzo thriller che ho letto - Bikini, di cui è coautore il tanto acclamato Patterson. In Io uccidio tutto si tiene, gli ingranaggi narrativi funzionano alla perfezione e non ci sono deus ex machina o altri bizzarri espedienti per risolvere la trama.

Per non dismettere del tutto il mio intento polemico, segnalo però due tratti del romanzo che non mi sono piaciuti - difetti che, comunque, mi sembrano perdonabili in un'opera prima.

Specie nella prima parte, la lettura è un po' appesantita dall'abuso di metafore - non metafore illuminanti, ma quasi-luoghi comuni travestiti da luoghi letterari.

E oltre all'abuso di metafore, c'è anche un abuso di scalogne - insomma, passi che il serial killer ha avuto un'infanzia difficile, ma anche gli altri personaggi - tra morti, incesti e violenze - sono un serbatoio di sfighe non da poco.

domenica 8 novembre 2009

Coe, La famiglia Winshaw

La famiglia Winshaw (1994, titolo originale: What a carve up!, che, non a caso, è anche il titolo originale del film Sette allegri cadaveri) di Jonathan Coe è un autentico capolavoro, che è difficile descrivere nel ristretto spazio di un blog.

E' la storia dei membri di una prestigiosa e potente famiglia britannica - banchieri, politici, critici d'arte, opinionisti, trafficanti d'armi, allevatori intensivi ed industriali - una schiera di mostri: avidi e cinici sciacalli che prosperano nell'Inghilterra thatcheriana così come sempre hanno prosperato, ai danni di tutte le classe meno agiate, ai danni di chiunque si frapponga tra loro e il denaro. E' la storia del loro biografo, Michael Owen, uno scrittore lievemente borderline, ossesionato dal cinema, anzi, da un film in particolare, e con una travagliata storia familiare alle spalle. E' una denuncia sociale sull'egoismo e la miopia delle "classi dirigenti", sui danni provocati dalle riforme sanitarie liberali. E' un giallo ad incastri, stupendamente congegnato. A tratti riesce ad essere esilarante, come un libro comico. Nell'ultima parte, è anche un romanzo horror.

Una struttura narrativa unica, un romanzo dalle molteplici letture, costruito su molteplici livelli impiegando i più diversi registri stilistici. Eppure compatto come un puzzle finito. Pieno di brio. Decisamente il libro più bello che ho letto quest'anno.

sabato 31 ottobre 2009

Wallace, Una cosa divertente che non farò mai più

"Ho sentito cittadini americani maggiorenni e benestanti che chiedevano all'Ufficio Relazioni con gli Ospiti se per fare snorkeling c'è bisogno di bagnarsi, se il tiro al piattello si fa all'aperto, se l'equipaggio dorme a bordo e a che ora è previsto il Buffet di Mezzanotte"




A differenza di Verso occidente l'impero dirige il suo corso, che proprio non mi era piaciuto, Una cosa divertente che non farò mai più (A Supposedly Fun Thing I'll Never Do Again, 1997) di David Foster Wallace, è davvero un bel libro: esilarante, ironico ed autoironico, perfino istruttivo.

Non si tratta di un romanzo: è, invece, il reportage scritto da Wallace come inviato della rivista "Harper's" in una crociera 7NC (7 notti ai Caraibi): un ambientino in cui il nostro eroe si trova a proprio agio come una cammello su una grondaia.

Le descrizioni degli ospiti, le situazioni surreali e grottesche, le disavventure di Wallace (e le sue psicosi), non solo fanno morire dalle risate, ma costituiscono anche un validissimo studio sociologico.
Certo passa la voglia di andare in crociera, se mai qualcuno ce l'avesse avuta.
Geniale l'analisi della brochure pubblicitaria: un pezzo consigliato a tutti gli esperti di comunicazione.

domenica 13 settembre 2009

Patterson & Paetro, Bikini


Ero curiosa di leggere un autore, James Patterson, che negli U.S. vende qualcosa come circa 16 milioni di copie l'anno - e poi mi ero dimenticata a casa il libro che stavo leggendo e nell'autogrill non ho trovato nulla di meglio (tra parentesi: ma che brutti libri che vendono in autogrill!)

Scritto a quattro mani con Maxine Paetro - il cui nome compare in caratteri minuscoli sulla copertina di certo solo perché vende molto meno - Bikini è un thiller narrato in modo avvincente che si lascia bere con gusto sotto l'ombrellone. Direi che il segreto è tutto qui: il lettore può accomodarsi passivo a sorseggiare questo mix di sesso, perversione, suspense e buoni sentimenti, senza stancancarsi il cervello con enigmi e giochetti intellettuali.
Per il resto il soggetto è estremamente banale, i personaggi piatti fino allo stereotipo - il killer è un autentico idiota e non si capisce come facciano a non prenderlo - ma la trama è pulita e il finale meno di peggio di quanto ci si aspetti.