domenica 20 luglio 2008

Terme Šmarješke Toplice


Tra Ljubljana (Lubiana) e Zagreb (Zagabria), le terme di Šmarješke sono un gigantesco complesso con svariati bar, almeno tre ristoranti, tre alberghi, saune, due piscine coperte, con acqua a 30-32 gradi, e tre all'aperto - una nel complesso principale, una più distaccata e la terza (che dovrebbe essere la più bella, in legno) non siamo riusciti a trovarla - ma ci siamo fermati solo un giorno e mezzo e, dato che pioveva, non l'abbiamo certo cercata intensamente.

Abbiamo alloggiato all'albergo Vitarium - enorme, anonimo e impersonale, ma con stanze confortevoli - e prenotato un pacchetto mezza pensione + entrata in piscina - il cibo era commestibile, la cena estremamente frugale.

Il wellness center offre svariati trattamenti a prezzi, tutto sommato, contenuti.
Qualche esempio:
  • trattamento viso fitolift con impacco (60 min.) a 52,00 euro - l'ho provato: piuttosto efficace, ma l'estetista non mi sembrava molto esperta - il massaggio al viso non è stato eccezionale.
  • massaggio tibetano (60 min.) a 57,00 euro
  • bagno di Cleopatra al miele, latte di soia e olii essenziali x due persone (45 min.) euro 33,00
Vicino alle terme di Šmarješke, sorge la cittadina di Novo Mesto - graziosa, abbarbicata intorno ad un fiume, ma non c'è proprio nulla: non siamo nemmeno riusciti a trovare un posto dove mangiare!




Sempre vicino alle terme di trova il castello di Otočec oggi adibito ad albergo - non particolarmente interessante.



Su questo viaggio attraverso i balcani, ecco i post di zack:

viaggio nei balcani in auto
balcani 2008 #1

Terme Šmarješke Toplice


Tra Ljubljana (Lubiana) e Zagreb (Zagabria), le terme di Šmarješke sono un gigantesco complesso con svariati bar, almeno tre ristoranti, tre alberghi, saune, due piscine coperte, con acqua a 30-32 gradi, e tre all'aperto - una nel complesso principale, una più distaccata e la terza (che dovrebbe essere la più bella, in legno) non siamo riusciti a trovarla - ma ci siamo fermati solo un giorno e mezzo e, dato che pioveva, non l'abbiamo certo cercata intensamente.

Abbiamo alloggiato all'albergo Vitarium - enorme, anonimo e impersonale, ma con stanze confortevoli - e prenotato un pacchetto mezza pensione + entrata in piscina - il cibo era commestibile, la cena estremamente frugale.

Il wellness center offre svariati trattamenti a prezzi, tutto sommato, contenuti.
Qualche esempio:
  • trattamento viso fitolift con impacco (60 min.) a 52,00 euro - l'ho provato: piuttosto efficace, ma l'estetista non mi sembrava molto esperta - il massaggio al viso non è stato eccezionale.
  • massaggio tibetano (60 min.) a 57,00 euro
  • bagno di Cleopatra al miele, latte di soia e olii essenziali x due persone (45 min.) euro 33,00
Vicino alle terme di Šmarješke, sorge la cittadina di Novo Mesto - graziosa, abbarbicata intorno ad un fiume, ma non c'è proprio nulla: non siamo nemmeno riusciti a trovare un posto dove mangiare!




Sempre vicino alle terme di trova il castello di Otočec oggi adibito ad albergo - non particolarmente interessante.



Su questo viaggio attraverso i balcani, ecco i post di zack:

viaggio nei balcani in auto
balcani 2008 #1

giovedì 17 luglio 2008

Il caso di Eluana Englaro




Onestamente il caso di Eluana Englaro non mi ha mai appasionato e per una ragione molto semplice: Eluana, in un senso rilevante del termine, è già morta da 16 anni.

Eluana si trova, infatti, in uno stato vegetativo permanente: ha subito danni cerebrali gravissimi e irreversibili, non è cosciente nè tanto meno autocosciente - insomma: l'Eluana di suo padre e dei suoi amici non c'è più da molto tempo, è rimasto il suo corpo, i suoi organi che ancora funzionano, le sue cellelule (o, meglio, parte di esse). Un corpo senza coscienza, una pianta che una volta era umana.

Anche per questa ragione sono rimasta un po' perplessa di fronte alla sentenza della Corte di Cassazione n. 21748 del 16 ottobre 2007 che, tra i requisiti per l'interruzione dell'alimimentazione artificiale, richiedeva non solo la prova dell'irreversibilità dello stato vegetativo permanente, ma anche che fosse "univocamente accertato, sulla base di elementi tratti dal vissuto del paziente, dalla sua personalità e dai convincimenti etici, religiosi, culturali e filosofici che ne orientavano i comportamenti e le decisioni, che questi, se cosciente, non avrebbe prestato il suo consenso alla continuazione del trattamento".

Se è accertata l'irreversibilità dello stato vegetativo, ciò significa che la persona in questione non ha coscienza e non l'avrà mai più, sicché cosa importa quello che voleva (o, meglio, che avrebbe voluto) quando era ancora viva e cosciente? La questione ha la stessa rilevanza etica del decidere cosa ne faranno dei nostri corpi quando saremo morti: ossia - per un ateo come per un credente - non dovrebbe averne nessuna - visto che, appunto, saremo morti, non saremo più quei corpi.

Proprio perché questa questione mi è sempre parsa eticamente irrilevante non posso che provare un enorme fastidio di fronte alle reazioni dei cattolici alla sentenza della Corte d'appello di Milano che consente l'interruzione dell'alimentazione artificiale.
Costoro urlano che la vita è un dono di Dio e gli uomini non posso interromperla.
Ora, anche a prescindere dalla circostanza (non irrilevante) che Dio non esiste, il corpo di Eluana è ancora in vita, non grazie a Dio, ma grazie al progresso della scienza umana - un progresso che, d'altra parte, i cattolici hanno spesso ostacolato e visto negativamente specie quando incide su questioni come la vita e la morte (ma anche l'astronomia ha dato i suoi problemi..)
Eluana, senza l'intervento umano, sarebbe morta. Se i cattolici credono, come dicono di credere, all'esistenza di un'anima, allora devono riconoscere che in quel corpo privo di coscienza, l'anima non c'è più.
Agitarsi tanto per un corpo senz'anima, per una vita che Dio si è già preso e che solo il progresso scientifico ha consentito di continuare a livello vegetale, mi sembra francamente incoerente. E i cattolici incoerenti lo sono spesso: del resto, si sa, ex falso quod libet

Il caso di Eluana Englaro




Onestamente il caso di Eluana Englaro non mi ha mai appasionato e per una ragione molto semplice: Eluana, in un senso rilevante del termine, è già morta da 16 anni.

Eluana si trova, infatti, in uno stato vegetativo permanente: ha subito danni cerebrali gravissimi e irreversibili, non è cosciente nè tanto meno autocosciente - insomma: l'Eluana di suo padre e dei suoi amici non c'è più da molto tempo, è rimasto il suo corpo, i suoi organi che ancora funzionano, le sue cellelule (o, meglio, parte di esse). Un corpo senza coscienza, una pianta che una volta era umana.

Anche per questa ragione sono rimasta un po' perplessa di fronte alla sentenza della Corte di Cassazione n. 21748 del 16 ottobre 2007 che, tra i requisiti per l'interruzione dell'alimimentazione artificiale, richiedeva non solo la prova dell'irreversibilità dello stato vegetativo permanente, ma anche che fosse "univocamente accertato, sulla base di elementi tratti dal vissuto del paziente, dalla sua personalità e dai convincimenti etici, religiosi, culturali e filosofici che ne orientavano i comportamenti e le decisioni, che questi, se cosciente, non avrebbe prestato il suo consenso alla continuazione del trattamento".

Se è accertata l'irreversibilità dello stato vegetativo, ciò significa che la persona in questione non ha coscienza e non l'avrà mai più, sicché cosa importa quello che voleva (o, meglio, che avrebbe voluto) quando era ancora viva e cosciente? La questione ha la stessa rilevanza etica del decidere cosa ne faranno dei nostri corpi quando saremo morti: ossia - per un ateo come per un credente - non dovrebbe averne nessuna - visto che, appunto, saremo morti, non saremo più quei corpi.

Proprio perché questa questione mi è sempre parsa eticamente irrilevante non posso che provare un enorme fastidio di fronte alle reazioni dei cattolici alla sentenza della Corte d'appello di Milano che consente l'interruzione dell'alimentazione artificiale.
Costoro urlano che la vita è un dono di Dio e gli uomini non posso interromperla.
Ora, anche a prescindere dalla circostanza (non irrilevante) che Dio non esiste, il corpo di Eluana è ancora in vita, non grazie a Dio, ma grazie al progresso della scienza umana - un progresso che, d'altra parte, i cattolici hanno spesso ostacolato e visto negativamente specie quando incide su questioni come la vita e la morte (ma anche l'astronomia ha dato i suoi problemi..)
Eluana, senza l'intervento umano, sarebbe morta. Se i cattolici credono, come dicono di credere, all'esistenza di un'anima, allora devono riconoscere che in quel corpo privo di coscienza, l'anima non c'è più.
Agitarsi tanto per un corpo senz'anima, per una vita che Dio si è già preso e che solo il progresso scientifico ha consentito di continuare a livello vegetale, mi sembra francamente incoerente. E i cattolici incoerenti lo sono spesso: del resto, si sa, ex falso quod libet

mercoledì 16 luglio 2008

smettere di fumare






Ho smesso di nuovo di fumare
.
Avevo già smesso circa un anno fa, dopo aver letto il libro di Allen Carr, Easy way (1985, trad. it., E' facile smettere di fumare, EWI, Milano).
Non aveva funzionato.
La mia esperienza è stata pressoché identica a quella di molti altri commentatori del mio precedente post sul citato libro di Carr: in particolare a quella dell'Anonimo che ha lasciato un commento qualche giorno fa (il 16.07.08)

"E' stato facilissimo e meraviglioso e non ho fumato per circa 6 mesi. Poi siccome è stato troppo facile ho cominciato a farmi offrire ogni tanto una sigaretta, cosa che mi faceva letteralmente schifo. Poi pian piano la sensazione è cominciata a cambiare ed ho avuto l'illusione che mi piacesse di nuovo, ma, come spiegato da Carr, è solo la convinzione di un fumatore ovvero la nostra debolezza. Al che ho cominicato a ricomprarle, solo pacchetti da 10 e fumavo una sigaretta al giorno e sembrava bastarmi..."

A differenza di questo commentatore, però, io sono riuscita a resistere solo 2 mesi e, nell'arco di 5 mesi, sono ritornata al mio consueto standard di 20 sigarette al giorno.




Adesso ci riprovo. Non rileggerò il libro di Carr, non credo che mi sarebbe utile e lo ricordo abbastanza bene - è passato solo un anno!
Mi ripeto invece mentalmente alcune nozioni importanti che ho imparato da Easy way:

1) Non c'è mai una sola sigaretta - se ne fumi una, ricomincerai a fumare;
2) Il fumo non rilassa e non aiuta la concentrazione: il fumo è una droga e l'unico motivo per cui si fuma è quello di soddisfare la crisi di astinenza - per gli amanti della filosofia: non esistono ragioni per fumare, esiste solo una causa (un motivo, appunto) che induce a farlo e questo motivo è il bisogno fisico (e mentale) di nicotina.
3) Smettere di fumare, in un certo senso, è bello.

La tesi 3 è stata per me quella più difficile da accettare
- tanto che anche in questo post ho sentito il bisogno di aggiungere l'inciso "in un certo senso".
Certo è bello non avere dipendenze, essere liberi dalla schiavitù del fumo, non dover uscire al gelo per accendersi una sigaretta, non dover vagare di domenica sera alla disperata ricerca di un distributore automatico, ecc., ecc. Tuttavia, è innegabile che soddisfare la crisi di astinenza sia piacevole - lo è per ogni droga, lo è anche per il fumo.
Ed è anche per questa ragione che, come ha sottolineato anche Diego nel suo commento, la forza di volontà è comunque indispensabile.

Il metodo di Carr è alternativo a quei metodi che presuppongono che smettere di fumare sia un rinuncia faticosa, ma non certo a quelli fondati sulla forza di volontà: anche il sistema Easy way ne richiede parecchia di tale forza - se non altro perchè un lavaggio del cervello durato anni (tutti i messaggi più o meno espliciti che configurano il fumo come qualcosa di rilassante, piacevole, se non addirittura sovversivo) non può certo essere cancellato con la lettura - o la rilettura - di un unico libro - al riguardo mi aveva molto colpito il fatto che lo stesso Carr abbia smesso di fumare grazie all'ipnosi - un lavaggio del cervello inconscio per cancellarne un altro altrettanto subliminale!




E se non dovesse funzionare, ho appena scoperto che la Nintendo ha creato il videogioco: Allen Carr’s Easyway to Stop Smoking, che dovrebbe essere in vendita da novembre 2008.
Finché c'è vita...

smettere di fumare






Ho smesso di nuovo di fumare
.
Avevo già smesso circa un anno fa, dopo aver letto il libro di Allen Carr, Easy way (1985, trad. it., E' facile smettere di fumare, EWI, Milano).
Non aveva funzionato.
La mia esperienza è stata pressoché identica a quella di molti altri commentatori del mio precedente post sul citato libro di Carr: in particolare a quella dell'Anonimo che ha lasciato un commento qualche giorno fa (il 16.07.08)

"E' stato facilissimo e meraviglioso e non ho fumato per circa 6 mesi. Poi siccome è stato troppo facile ho cominciato a farmi offrire ogni tanto una sigaretta, cosa che mi faceva letteralmente schifo. Poi pian piano la sensazione è cominciata a cambiare ed ho avuto l'illusione che mi piacesse di nuovo, ma, come spiegato da Carr, è solo la convinzione di un fumatore ovvero la nostra debolezza. Al che ho cominicato a ricomprarle, solo pacchetti da 10 e fumavo una sigaretta al giorno e sembrava bastarmi..."

A differenza di questo commentatore, però, io sono riuscita a resistere solo 2 mesi e, nell'arco di 5 mesi, sono ritornata al mio consueto standard di 20 sigarette al giorno.




Adesso ci riprovo. Non rileggerò il libro di Carr, non credo che mi sarebbe utile e lo ricordo abbastanza bene - è passato solo un anno!
Mi ripeto invece mentalmente alcune nozioni importanti che ho imparato da Easy way:

1) Non c'è mai una sola sigaretta - se ne fumi una, ricomincerai a fumare;
2) Il fumo non rilassa e non aiuta la concentrazione: il fumo è una droga e l'unico motivo per cui si fuma è quello di soddisfare la crisi di astinenza - per gli amanti della filosofia: non esistono ragioni per fumare, esiste solo una causa (un motivo, appunto) che induce a farlo e questo motivo è il bisogno fisico (e mentale) di nicotina.
3) Smettere di fumare, in un certo senso, è bello.

La tesi 3 è stata per me quella più difficile da accettare
- tanto che anche in questo post ho sentito il bisogno di aggiungere l'inciso "in un certo senso".
Certo è bello non avere dipendenze, essere liberi dalla schiavitù del fumo, non dover uscire al gelo per accendersi una sigaretta, non dover vagare di domenica sera alla disperata ricerca di un distributore automatico, ecc., ecc. Tuttavia, è innegabile che soddisfare la crisi di astinenza sia piacevole - lo è per ogni droga, lo è anche per il fumo.
Ed è anche per questa ragione che, come ha sottolineato anche Diego nel suo commento, la forza di volontà è comunque indispensabile.

Il metodo di Carr è alternativo a quei metodi che presuppongono che smettere di fumare sia un rinuncia faticosa, ma non certo a quelli fondati sulla forza di volontà: anche il sistema Easy way ne richiede parecchia di tale forza - se non altro perchè un lavaggio del cervello durato anni (tutti i messaggi più o meno espliciti che configurano il fumo come qualcosa di rilassante, piacevole, se non addirittura sovversivo) non può certo essere cancellato con la lettura - o la rilettura - di un unico libro - al riguardo mi aveva molto colpito il fatto che lo stesso Carr abbia smesso di fumare grazie all'ipnosi - un lavaggio del cervello inconscio per cancellarne un altro altrettanto subliminale!




E se non dovesse funzionare, ho appena scoperto che la Nintendo ha creato il videogioco: Allen Carr’s Easyway to Stop Smoking, che dovrebbe essere in vendita da novembre 2008.
Finché c'è vita...

sabato 12 luglio 2008

Wanted - scegli il tuo destino

regia di Timur Bekmambetov
USA 2008
con James McAvoy, Morgan Freeman, Angelina Jolie





Tra tutti i film tratti da fumetti che in questo periodo stanno invadendo le sale cinematografiche, Wanted, ispirato all'omonima miniserie scritta da Mark Millar e disegnata da J. G. Jones, è decisamente uno dei migliori: dialoghi passabili, trama solida, recitazione convincente, spettacolari scene d'azione ed una bellissima (e magrissima) Angelina Jolie.




Intendiamoci, anche questo film non si discosta per nulla dalla generale tendenza a considerare il genere fumettistico come un'occasione per metter su un baracone di rumorosi e strabilianti effetti speciali, anziché sfruttarne appieno le potenzialità di strumento d'analisi sociale e psicologica. Ma almeno il film è godibile e non ci si annoia.



Il regista russo-kazako Timur Bekmambetov dirige un film quanto mai americano e non solo nella forma: la morale della favola (assolutamente palese, come si addice al genere) altro non è se non l'ennesima rifrittura del vecchio American Dream.
In sintesi, qualsiasi mediocre, patetico, sfigato può un giorno scoprirsi "super-eroe" e innalzarsi al di sopra del gregge. Come recita il tiolo, basta saper scegliere il proprio destino - anche se non può sfuggire, neppure allo spettatore più distratto, come gli ordini del destino non siano mai contestati e siano invece le autorità umane, i potenti che nessuno controlla, ad incarnare il ruolo dei cattivi-corrotti.



Per chi volesse saperne di più rinvio a

il trailer italiano
la mia recensione
il blog di joliemania



Wanted - scegli il tuo destino

regia di Timur Bekmambetov
USA 2008
con James McAvoy, Morgan Freeman, Angelina Jolie





Tra tutti i film tratti da fumetti che in questo periodo stanno invadendo le sale cinematografiche, Wanted, ispirato all'omonima miniserie scritta da Mark Millar e disegnata da J. G. Jones, è decisamente uno dei migliori: dialoghi passabili, trama solida, recitazione convincente, spettacolari scene d'azione ed una bellissima (e magrissima) Angelina Jolie.




Intendiamoci, anche questo film non si discosta per nulla dalla generale tendenza a considerare il genere fumettistico come un'occasione per metter su un baracone di rumorosi e strabilianti effetti speciali, anziché sfruttarne appieno le potenzialità di strumento d'analisi sociale e psicologica. Ma almeno il film è godibile e non ci si annoia.



Il regista russo-kazako Timur Bekmambetov dirige un film quanto mai americano e non solo nella forma: la morale della favola (assolutamente palese, come si addice al genere) altro non è se non l'ennesima rifrittura del vecchio American Dream.
In sintesi, qualsiasi mediocre, patetico, sfigato può un giorno scoprirsi "super-eroe" e innalzarsi al di sopra del gregge. Come recita il tiolo, basta saper scegliere il proprio destino - anche se non può sfuggire, neppure allo spettatore più distratto, come gli ordini del destino non siano mai contestati e siano invece le autorità umane, i potenti che nessuno controlla, ad incarnare il ruolo dei cattivi-corrotti.



Per chi volesse saperne di più rinvio a

il trailer italiano
la mia recensione
il blog di joliemania



martedì 8 luglio 2008

Profumo, storia di un assassino


Regia di Tom Tykwer
titolo originale: Das Parfum - Die Geschichte eines Mörders
Germania/Spagna/Francia/Usa 2006
2h e 27'




Recensione di Giorgio Maniaci

Noi siamo ciò che sentiamo. Anzi, noi siamo gli “odori che sentiamo”.
Gli odori, i profumi non sono una sensazione passeggera che lambisce i recettori olfattivi, il cervello, la memoria per poi scomparire. Gli odori influenzano il nostro modo di vedere le cose, i nostri giudizi su ciò che è vero e falso, ciò che è giusto e sbagliato, ciò che è bello o brutto. Non solo la ragione è schiava delle passioni, ma tutte le passioni, i sentimenti sembrano ruotare intorno ai profumi che percepiamo, compreso l’amore.
Questa sembra essere la Weltanschauung di fondo, implicita, nascosta, di feuerbachiana memoria, di “Profumo – Storia di un assassino” di Tom Tykwer.

Il film narra la storia di Jean-Baptiste Grenouille (un bravissimo Ben Whishaw), vissuto nella Francia del XVIII secolo come uno schiavo, senza amore, istruzione, dignità, educazione morale.

Angelo e demone, uomo e “animale”, genio e assassino, Jean-Baptiste scopre ben presto di essere dotato di un dono straordinario: è capace di sentire odori a chilometri di distanza, di percepire olezzi che nessuno sente, di distinguere un profumo di arancio tra mille miasmi puzzolenti, di distillare profumi che elevano lo spirito umano fino al paradiso.

Ma una maledizione lo tormenta fin dal giorno della nascita. Nessuno, infatti, che sia venuto in contatto con lui rimane vivo. A cominciare da sua madre, impiccata, per avere tentato di ucciderlo, dopo averlo dato alla luce. Apparentemente incapace di amare e soprattutto di essere amato – Grenouille non emana alcun odore e nessuno riesce ad amarlo, a desiderare chi è olfattivamente “invisibile” – Grenouille sembra avere una sola ossessione, quella di catturare, conservare l’odore, l’essenza delle fanciulle amate, desiderate. Anche a costo di rapire e uccidere l’oggetto del suo desiderio, trasformandosi in un pericoloso serial-killer.




Inseguendo la sua ossessione, infatti, Grenouille distilla dal corpo di tredici bellissime fanciulle altrettante essenze, tredici note che mischiate insieme danno vita ad un profumo paradisiaco, alchemico, capace di tramutare l’odio feroce di un padre (Alan Rickman), cui ha ucciso la figlia (la bellissima Rachel Hurd-Wood), in devozione, la rabbia in dolcezza, il terrore in serenità. Capace di tramutare una massa urlante di odio e vendetta che vuole vederlo giustiziato, una massa intrisa di ignoranza, superstizione, e pregiudizi d’ogni genere, in un’orgia dionisiaca, una marea di eccitazione, passione e amore incondizionato cui non importa l’età, il sesso, l’abito della persona amata o desiderata.

Come Prometeo, Grenouille è un “traghettatore”, un angelo decaduto che vive in due mondi, quello dei comuni mortali, e il mondo degli odori, del loro potere, dei sentimenti, delle sensazioni che sono capaci di suscitare, un Prometeo capace di portare agli uomini non il fuoco che forgerà le spade, piuttosto un nettare capace di sciogliere i lacci che in ciascun uomo legano il bene al male, affinché il male – la violenza, l’odio – venga oscurato, cacciato, sconfitto, e l’amore incondizionato trionfi.
E proprio l’amore, la passione amorosa, il desiderio irresistibile e sempre frustrato di amare ed essere amato, sembrano portare Grenouille alla realizzazione del suo piano demoniaco.




Non era facile per il regista Tom Tykwer tradurre in immagini il segreto mondo degli odori abitato da Grenouille. Ma il regista di Lola corre è in questo abilissimo e lo fa ora attraverso un montaggio rapido, vorticoso – mirabile in tal senso la scena del mercato del pesce di Parigi – fatto di zoommate, ralenti, blow up su merluzzi fatti a pezzi, maiali sgozzati, parrucche incipriate, teste di pesce tagliate, incunaboli sfogliati, profumi ostentati, conigli scuoiati, frutta barocca, mele marce, topi che rovistano nella carne, spezie colorate, ubriachi che vomitano, coltelli che tagliano il cuoio…

Ora attraverso lenti e continui movimenti di macchina, accompagnati da una musica celestiale (in parte scritta dallo stesso Tykwer), leggeri come un alito di vento che si sparge sui corpi delle ragazze uccise, i corpi su cui meticolosamente Grenouille sparge e poi estrae grasso animale per prendere il loro odore, movimenti che come brezza planano su mille bocche, mani, braccia, baci, carezze, rotondità nell’orgia sterminata di corpi e colori.




Non sembra, in conclusione, che in un film in cui dominano – letteralmente – le passioni, le sensazioni, che celebra il potere della materia sullo spirito, del corpo sulla mente, ci sia posto per una “morale”.
Ma l’apparenza inganna. Poiché ad uno spettatore attento non può sfuggire la cronaca di un mondo (fortunatamente) perduto e colpevole, dove la ricerca della verità è intrisa di tortura e superstizione religiosa, dove l’amore paterno si trasforma in oppressione, dove nascono e crescono centinaia di schiavi senza passato né futuro, capaci di uccidere per un nonnulla, né può sfuggire lo sguardo malinconico di una ragazza, la tredicesima vittima, che preferisce rassegnarsi alla morte violenta per mano di Grenouille, piuttosto che seguire un destino di schiavitù voluto dal padre in un matrimonio infelice e senza amore.

Profumo, storia di un assassino


Regia di Tom Tykwer
titolo originale: Das Parfum - Die Geschichte eines Mörders
Germania/Spagna/Francia/Usa 2006
2h e 27'




Recensione di Giorgio Maniaci

Noi siamo ciò che sentiamo. Anzi, noi siamo gli “odori che sentiamo”.
Gli odori, i profumi non sono una sensazione passeggera che lambisce i recettori olfattivi, il cervello, la memoria per poi scomparire. Gli odori influenzano il nostro modo di vedere le cose, i nostri giudizi su ciò che è vero e falso, ciò che è giusto e sbagliato, ciò che è bello o brutto. Non solo la ragione è schiava delle passioni, ma tutte le passioni, i sentimenti sembrano ruotare intorno ai profumi che percepiamo, compreso l’amore.
Questa sembra essere la Weltanschauung di fondo, implicita, nascosta, di feuerbachiana memoria, di “Profumo – Storia di un assassino” di Tom Tykwer.

Il film narra la storia di Jean-Baptiste Grenouille (un bravissimo Ben Whishaw), vissuto nella Francia del XVIII secolo come uno schiavo, senza amore, istruzione, dignità, educazione morale.

Angelo e demone, uomo e “animale”, genio e assassino, Jean-Baptiste scopre ben presto di essere dotato di un dono straordinario: è capace di sentire odori a chilometri di distanza, di percepire olezzi che nessuno sente, di distinguere un profumo di arancio tra mille miasmi puzzolenti, di distillare profumi che elevano lo spirito umano fino al paradiso.

Ma una maledizione lo tormenta fin dal giorno della nascita. Nessuno, infatti, che sia venuto in contatto con lui rimane vivo. A cominciare da sua madre, impiccata, per avere tentato di ucciderlo, dopo averlo dato alla luce. Apparentemente incapace di amare e soprattutto di essere amato – Grenouille non emana alcun odore e nessuno riesce ad amarlo, a desiderare chi è olfattivamente “invisibile” – Grenouille sembra avere una sola ossessione, quella di catturare, conservare l’odore, l’essenza delle fanciulle amate, desiderate. Anche a costo di rapire e uccidere l’oggetto del suo desiderio, trasformandosi in un pericoloso serial-killer.




Inseguendo la sua ossessione, infatti, Grenouille distilla dal corpo di tredici bellissime fanciulle altrettante essenze, tredici note che mischiate insieme danno vita ad un profumo paradisiaco, alchemico, capace di tramutare l’odio feroce di un padre (Alan Rickman), cui ha ucciso la figlia (la bellissima Rachel Hurd-Wood), in devozione, la rabbia in dolcezza, il terrore in serenità. Capace di tramutare una massa urlante di odio e vendetta che vuole vederlo giustiziato, una massa intrisa di ignoranza, superstizione, e pregiudizi d’ogni genere, in un’orgia dionisiaca, una marea di eccitazione, passione e amore incondizionato cui non importa l’età, il sesso, l’abito della persona amata o desiderata.

Come Prometeo, Grenouille è un “traghettatore”, un angelo decaduto che vive in due mondi, quello dei comuni mortali, e il mondo degli odori, del loro potere, dei sentimenti, delle sensazioni che sono capaci di suscitare, un Prometeo capace di portare agli uomini non il fuoco che forgerà le spade, piuttosto un nettare capace di sciogliere i lacci che in ciascun uomo legano il bene al male, affinché il male – la violenza, l’odio – venga oscurato, cacciato, sconfitto, e l’amore incondizionato trionfi.
E proprio l’amore, la passione amorosa, il desiderio irresistibile e sempre frustrato di amare ed essere amato, sembrano portare Grenouille alla realizzazione del suo piano demoniaco.




Non era facile per il regista Tom Tykwer tradurre in immagini il segreto mondo degli odori abitato da Grenouille. Ma il regista di Lola corre è in questo abilissimo e lo fa ora attraverso un montaggio rapido, vorticoso – mirabile in tal senso la scena del mercato del pesce di Parigi – fatto di zoommate, ralenti, blow up su merluzzi fatti a pezzi, maiali sgozzati, parrucche incipriate, teste di pesce tagliate, incunaboli sfogliati, profumi ostentati, conigli scuoiati, frutta barocca, mele marce, topi che rovistano nella carne, spezie colorate, ubriachi che vomitano, coltelli che tagliano il cuoio…

Ora attraverso lenti e continui movimenti di macchina, accompagnati da una musica celestiale (in parte scritta dallo stesso Tykwer), leggeri come un alito di vento che si sparge sui corpi delle ragazze uccise, i corpi su cui meticolosamente Grenouille sparge e poi estrae grasso animale per prendere il loro odore, movimenti che come brezza planano su mille bocche, mani, braccia, baci, carezze, rotondità nell’orgia sterminata di corpi e colori.




Non sembra, in conclusione, che in un film in cui dominano – letteralmente – le passioni, le sensazioni, che celebra il potere della materia sullo spirito, del corpo sulla mente, ci sia posto per una “morale”.
Ma l’apparenza inganna. Poiché ad uno spettatore attento non può sfuggire la cronaca di un mondo (fortunatamente) perduto e colpevole, dove la ricerca della verità è intrisa di tortura e superstizione religiosa, dove l’amore paterno si trasforma in oppressione, dove nascono e crescono centinaia di schiavi senza passato né futuro, capaci di uccidere per un nonnulla, né può sfuggire lo sguardo malinconico di una ragazza, la tredicesima vittima, che preferisce rassegnarsi alla morte violenta per mano di Grenouille, piuttosto che seguire un destino di schiavitù voluto dal padre in un matrimonio infelice e senza amore.