giovedì 23 aprile 2009

Tamino, Il bivio genetico

"Costruire una società sostenibile è dunque una condizione essenziale per una medicina sostenibile"
p. 70




In Il bivio genetico, Gianni Tamino (docente di biologia generale) illustra (in modo chiaro, comprensibile e accurato) le più recenti acquisizioni della biotecnologia, elenca in maniera competente e documentata i rischi che queste comportano e ne discute alcuni profili etici.
La parte dedicata alla discussione di argomenti morali, per la verità, è piuttosto esigua e non molto significativa - alcuni punti sono poi molto discutibili: come la tesi paternalistica secondo cui non sarebbe eticamente accettabile comunicare ad un paziente che è affetto da una malattia genetica incurabile - ma la trattazione delle tecniche di manipolazione genetica e dei loro rischi ambietali e sanitari è davvero utile e approfondita.

Tamino è un fiero oppositore della concezione meccanicistico-riduzionista dell'uomo e dei fenomeni biologici in generale: una concezione che egli ritiene ancora attuale e che vede rispecchiata in una medicina che, invece di investire sulla prevenzione, appare quasi esclusivamente orientata alla cura e ad logica dei "pezzi di ricambio" - orientamento cui non sono estranei gli interessi economici della grandi multinazionali.



Pur condividendo molte delle argomentazioni di Tamino - e, in particolare, la sua critica alla brevettabilità del genoma - mi restano alcune perplessità. Una, in particolare, riguarda un punto fondamentale del testo: la difesa del principio di precauzione. Tale principio, che Tamino propone di applicare nell'intero settore delle biotencologie, richiede che una certa tecnica sia considerata sicura se, e solo se, "siamo in grado, al di là di ogni ragionevole dubbio, di escludere che possa[] presentare rischi rilevanti e irreversibili per l'ambiente e la salute" (p. 28). Il problema è che tale principio, anche se, prima facie, può apparire del tutto ragionevole, costringe ad una vera e propria probatio diabolica. Già gli effetti a breve termine di ogni nuova tecnologia sono difficilmente prevedibili, ma è assolutamente impossibile conoscere quelli futuri - anche perché ogni nuova tecnologia ne produce altre.
Con le parole di Mario Jori (Vecchio e nuovo nelle biotecnologie in "Notizie di Politeia", 54, 1999) questo principio dovrebbe "estendersi ad ogni tecnologia e vorrebbe dire il divieto di ogni cambiamente tecnologico. Possiamo essere prudenti rispetto agli effetti diretti immediati prevedibili, ma non rispetto agli effetti ulteriori e sociali di cui non sappiamo nulla. Da questo punto di vista non c'è differenza tra le biotecnologie e le altre. O non avremmo mai dovuto introdurre l'agricoltura, l'allevamento degli animali o le automobili" (p. 48).
Insomma, davanti al bivio genetico si può andare da una parte o dall'altra - Tamino sembra proporre di stare fermi

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