venerdì 3 aprile 2009

Castelfranchi, Poggi, Bugie, finzioni e sotterfugi

"Questo libro intende contribuire alla fondazione di una nuova scienza, una scienza di grande importanza sociale e di grande impegno teorico: la Pseudomatica o Ingannologia.
L'arretratezza di questa scienza fa sentire il suo peso in molte discipline (dalla simiologia alla psichiatria, dalla politica all'estetica) che affrontano, seppur in modo collaterale, alcuni aspetti di questo complesso e onnipresente fenomeno. le scienze dell'uomo tutte mancano in tal modo di uno dei loro fondamenti più essenziali"
p. 17


In Bugie, finzioni e sotterfugi. Per una scienza dell'inganno (1998, II ed. 2007, Carocci), un libro interessante e di facile lettura, Cristiano Castelfranchi e Isabella Poggi analizzano la nozione di 'inganno', i suoi rapporti con i concetti di 'falsità', 'menzogna' e 'segreto', le ragioni per cui s'inganna e i modi in cui s'inganna.

L'inganno è definito come un atto o tratto di un organismo M che ha la finalità di non far avere ad un organismo I una conoscenza vera che per quell'organismo è rilevante, e che non rivela tale finalità (p. 55). Rispetto agli organismi cognitivi, gli autori sostengono che l'inganno richieda, inoltre, la violazione del diritto dell'altro di sapere e dell'obbligo dell'ingannatore di far sapere (p. 64).

Il nodo più problematico è costituito dalla distinzione tra inganno e segreto, la quale, in molti casi, risulta estremamente sfumata: "Vi è inganno quando concettualizziamo la situazione in termini tali che I abbia diritto a sapere e M non abbia diritto a tacere, o su questo prevalga il diritto di I" (p. 78)

Estremamente interessante la tipologia degli inganni, l'analisi dell'inganno indiretto (i casi in cui si ha intenzione di ingannare dicendo il vero o si dice il falso per far credere il vero, cap. 17 e 18) e, soprattutto, l'esame delle finzioni e degli inganni su cui si regge la convivenza civile (cap. 19).

Non mancano ragioni di perplessità: talvolta gli autori impiegano nozioni o tesi altamente controverse, non solo senza discuterne la problematicità, ma addirittura dando l'impressione che siano pacifiche. Così, ad esempio, si afferma (icasticamente) che "Il significato di una frase, o atto linguistico, è costituito da un performativo e da un contenuto proposizionale" o si tira in ballo la nozione di diritti naturali, senza alcun accenno alle accese polemiche che da almeno 100 anni l'accompagnano. Queste scelte stilistiche sono chiaramente motivate dall'esigenza editoriale di raggiungere un ampio pubblico: tuttavia, trattandosi di un libro non meramente divulgativo, ma che, anzi, esprime tesi innovative, almeno qualche nota a piè di pagina la si poteva scrivere.

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