mercoledì 19 marzo 2008

Ingrao, Volevo la luna

Era allora intervenuto mio padre a sollecitarmi promettendo in cambio qualsiasi regalo io volessi [...]
Era una dolce sera d'estate e dal balcone aperto avevo dinanzi il monte Appiolo su cui si levava, lenta e maestosa, una luna d'argento. Io subito dissi:
- Voglio la luna...






Volevo la luna (Einaudi, 2006, 2007) è il racconto autobiografico dell'avventua umana e politica di Pietro Ingrao (nato nel 1915), dall'infanzia a Lenola fino al 1979 (l'anno successivo all'omicidio di Moro), attraverso alcuni tra gli anni più travagliati della storia recente.

In questo libro Ingrao non risolve alcun mistero d'Italia, non svela retroscena misteriosi, e neppure si dedica ad analisi particolarmente illuminanti delle vicende italiane - ma, piuttosto, si limita a raccontare le sue esperienze personali e le sue passioni politiche.
Ingrao (deputato, direttore dell'Unità, presidente della Camera dei deputati) fu soprattutto un uomo di partito ed anche le sue memorie sono incentrate prevalentemente intorno alle vicende del PCI - dalla presidenza Togliatti al compromesso storico di Berlinguer, attraverso i rapporti, sempre più travagliati, con Mosca, e, soprattutto, con la figura di Stalin, le alterne relazioni con le forze cattoliche, i grandi scioperi dell'autunno caldo e l'emergere di nuove soggettività locali.

L'autobiografia, si sa, non è mai un genere facile - meno che mai quando la vita in questione è quella di un protagonista del mondo politico ed occorre tentare un delicato equilibrio tra esperienze personali ed eventi storici. Un equilibrio che, in questo caso, non mi sembra pienamente raggiunto: alla fine, si ha l'impressione di non aver approfondito nè le une nè gli altri- di non conoscere l'uomo Ingrao e di non aver imparato nulla di nuovo sulle recenti vicende italiane.



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