
Il sottogenere d'avventura non è certo tra i miei preferiti, ma Universo incostante (A Fire upon the Deep, 1992) di Vernor Vinge è decisamente uno dei romanzi di fantascienza più belli che abbia letto negli ultimi anni.
Vinge immagina un universo in cui le leggi fisiche variano a seconda delle zone. In corrispondenza del centro della nostra galassia si trovano le inesplorate e inesplorabili Profondità imponderabili, poi viene la zona Lenta, il regno degli idioti e dei calcolatori meccanici, dove non sono possibili programmi senzienti e la velocità della luce costituisce una barriera insuperabile, quindi l'Esterno, con la sua alta tecnologia e il suo insieme eterogeneo di razze, e, infine, il Trascendente, la zona più evoluta, i cui abitanti sono Potenze, esseri quasi-divini, dall'intelligenza sconfinata e la vita brevissima.
Un ruolo centrale nell'universo di Vinge è svolto dalla comunicazione e dalla Rete - una sorta di internet futuribile che mette in contatto tutti gli abitanti dell'Esterno ed è accessibile anche dalle Potenze del Trascendente - come nel mondo reale, anche qui la conoscenza è il bene primario su cui si gioca l'evoluzione e la prosperità delle razze.
La vecchia Terra, che nel romanzo non compare se non come uno sbiadito ricordo, si trova, ovviamente, al centro della zona Lenta, dove il progresso è ostacolato da leggi fisiche che impediscono non solo la tecnologia più evoluta, ma, soprattutto, il contatto tra le civiltà, relegando ogni pianeta abitato ad una distanza insuperabile dalle altre forme di vita - e generando un senso di claustrofobia che attanaglia il lettore: davvero ci si sente intrappolati in questa zona Lenta, tagliati fuori dalle meraviglie dell'universo.

Al confine tra la zona lenta e il Trascendente, gli abitanti (razza homo sapiens) del regno di Straumli scovano un antichissimo archivio e riportano, involontariamente, in vita una Potenza, una Perversione, un essere remoto e dall'enorme potente. Prima di essere totalmente annientati, alcuni di loro riescono a fuggire, portando con sè qualcosa che, per qualche motivo, la Perversione desidera e atterrano fortunosamente su Artiglio, uno sperduto pianeta nel Fondo, il confine tra l'Esterno e la zona Lenta. Inizia una caccia interplanetaria che distruggerà non pochi mondi. Nel mentre qualcosa agita i confini tra le zone...
Una trama solida, avvincente e ben strutturata, narrata con una scrittura brillante e fluente (forse con qualche refuso di troppo nella traduzione italiana di Gianluigi Zuddas).
Un finale dolce-amaro, nient'affatto scontato.
Uno dei punti di forza del romanzo risiede sicuramente nella caratterizzazione dei personaggi e nell'invenzione delle razze aliene - i due simpatici Skrode (creature intelligenti dalla forma di alberelli), ma, soprattutto, gli abitanti del pianeta Artiglio: creature simili a cani, ma dal collo molto allungato, che vivono in aggruppi formati da 4-8 membri (molti di più nelle zone equatoriali) e sono dotati di una mente collettiva.
Questo romanzo, che ha vinto il premio Hugo, sembra attendere solo un bravo sceneggiatore per farne un film che non avrebbe proprio nulla da invidiare a Guerre stellari!