sabato 1 dicembre 2007

Tarello, Teorie e ideologie nel diritto sindacale

In Teorie e ideologie nel diritto sindacale (Comunità, Milano, 1967) – un libro purtroppo non più ristampato e reperibile solo in biblioteca - Giovanni Tarello (1934-1987) analizza come, dall’entrata in vigore della Costituzione alla fine degli anni ’50, il diritto sindacale sia stato creato, spesso consapevolmente, dai giuristi e dai giudici, oltreché, spesso inconsapevolmente, dalla prassi sindacale.

Due condizioni resero possibile quest’opera di creazione dottrinale e giurisprudenziale di diritto.
Da un lato, una situazione di vuoto normativo: l’ordinamento del lavoro era forse l’unico settore generale dell’ordinamento giuridico del tempo fascista che, pur con tutta la buona volontà di giudici e giuristi, non avrebbe potuto sopravvivere alla caduta del regime (venendo a mancare il suo necessario supporto costituito dalle Coorporazioni fasciste e dalla Magistratura del lavoro) e alla abrogazione dell’ordinamento fascista si accompagnò la mancanza di un intervento dettagliato del legislatore, sia ordinario che costituzionale.
D’altro lato, in questo vuoto legislativo si venne determinando un processo di istituzionalizzazione e organizzazione dei rapporti industriali che venne avvertito, da parte della dottrina, come un processo di giuridificazione spontanea.

Attraverso l’analisi delle elaborazioni dottrinali e della loro recezione giurisprudenziale, Tarello si propone di dimostrare una tesi spesso controversa: quella secondo cui il diritto, ossia l’insieme delle norme giuridiche vincolanti, è creato anche dalla dottrina (sia pure indirettamente, ossia attraverso il filtro giurisprudenziale).
In particolare, secondo Tarello, la creazione dottrinale del diritto avviene mediante la costruzione di modelli normativi, cioè di modelli “che servono come guida nel corso di qualche operazione intellettuale o pratica per stimolare un processo di avvicinamento del fenomeno [oggetto del modello] verso una particolare meta che nel modello normativo compare in particolare rilievo come elemento strutturale del fenomeno” (p. 133).

Per Tarello le costruzioni dogmatiche dottrinali sono spesso ideologiche in due sensi profondamente diversi: o rispetto alla propria genesi o rispetto alla propria funzione.
Una dottrina giuridica è un’ideologia nel primo senso quando “chi la elabora la fonda (più o meno consapevolmente) su di una precostituita concezione dei fatti o su di una precostituita metodologia scientifica che costituiscono una ideologia politica, ovvero impiega un linguaggio o un gergo che ha un senso o una connotazione ideologica; una dottrina giuridica è un’ideologia nel senso quando e in quanto il suo impiego da parte di un operatore giuridico tende a far evolvere e a condizionare il fenomeno giuridico disciplinato in modo da adeguarlo ad un modello” (p. 144).

Secondo Tarello ciò implica, tra l’altro, che siano possibili due tipi di storia delle idee giuridiche: una storiografia che mira a isolare la genesi ideologica delle dottrine giuridiche e una storiografia che mira ad identificare il modello cui tali dottrine tendono ad avvicinare il fenomeno disciplinato.
La ricerca di Tarello rappresenta un esempio mirabile di questo secondo tipo di ricerche.

Così Tarello mostra come la dottrina si dedicò al (e conseguì il) superamento della configurazione dei sindacati e della contrattazione collettiva espressa dal testo costituzionale, oltre che attraverso peculiari interpretazioni della libertà sindacale sancita dall’art. 39, I comma Cost., anche mediante l’elaborazione di un modello normativo incentrato sulla nozione dogmatica di ‘interesse collettivo’ e sulle conseguenti figure dei ‘sindacati di diritto comune’ e del ‘contratto collettivo di diritto comune’.
Gli esiti pratici di una simile operazione dottrinale furono molteplici.
Il sindacato, nell’ambito di questa concezione, non è considerato come un organo pubblico preposto alla formazione di norme collettive, bensì come un’associazione privata, dedita alla tutela di interessi economici (e non politici) che contrae obbligazioni di diritto privato, formulando contratti normativi inquadrati come normali contratti di diritto privato - contratti obbligatori, bilaterali, a prestazioni corrispettive.
Ciò consentì, tra l’altro, di sostituire ad un meccanismo (quello previsto dalla Costituzione) che eliminava la concorrenza tra i lavoratori appartenenti ad una stessa categoria professionale, un altro meccanismo che limitava esclusivamente la concorrenza tra lavoratori che siano iscritti al medesimo sindacato; ossia tendeva a permettere la concorrenza tra gruppi di lavoratori corrispondenti ai diversi sindacati e, attraverso questa concorrenza a creare le condizioni di una discriminazione (attraverso la contrattazione separata) tra gruppi di lavoratori.

L’inizio della fine.

2 commenti:

alessandro m. ha detto...

Complimenti! Bel pezzo.
L'idea di Tarello mi fa pensare al concetto di "paradigma" di Kuhn. Secondo te, la ricostruzione kuhniana potrebbe trovare applicazione nello studio della scienza giuridica?

Francesca.Poggi ha detto...

assolutamente sì,
anzi, mi sembra un'ottima idea