domenica 18 novembre 2007

Žižek, Considerazioni politicamente scorrette sulla violenza metropolitana




"Nella nostra epoca di 'post-politica', quando la politica vera e propria è progressivamente rimpiazzata da un'efficace amministrazione sociale,
le tensioni culturali (religiose) o naturali (etniche) restano l'unica sorgente legittima di conflitti
"



Con il suo consueto stile, asistematico, labirintico e straripante, Žižek svolge alcune considerazioni sulla violenza metropolitana e, in particolare, sui fatti di New Orleans e del 2005 in Francia, intrecciando, come suo solito, psicoanalisi di stampo lacaniano, critica marxista e riferimenti cinematografici.

Secondo Žižek la violenza, che sempre più spesso investe e travolge la vita delle democrazie occidentali, rappresenta il corollario inevitabile dell'attuale epoca capitalista, un'era postideologica, un ordine postpolitico in cui gli unici conflitti legittimi (cioè ammessi) sono quelli etnico/culturali.

A New Orleans, dopo il passaggio dell'uragano Katrina, si è verificato un collasso dell'ordine sociale, con episodi di violenza e sciacallaggio tali da avverare le più cupe fantasie hollywoodiane: un simile evento, secondo Žižek, non va letto come regressione allo stato di natura, ma semmai come espressione della natura delle dinamiche capitalistiche - la logica della competizione individualistica, della autoaffermazione a ogni costo.
Senza dimenticare che se furono principalmente persone di colore ad essere protagoniste di quelle vicende, è perché furono i poveri a non avere mezzi per abbandonare la città e ad essere lasciati indietro nell'evacuazione - e ciò non fa che confermare la divisione raziale che ancora perdura negli Stati Uniti.

Un altro aspetto interessante delle vicende di New Orleans è che molto spesso le violenze narrate non risultarono confermate - in queste narrazioni Žižek legge il sintomo di una condizione patologica e razzista: ciò che giustificava le storie di violenze e stupri "non erano i fatti, ma i pregiudizi razzisti, ovvero la soddisfazione di quanti potevano dire 'Vedi, i neri sono veramente così, barbari violenti che si celano dietro il velo della civiltà'" (p. 51).

Anche le violenze di Parigi (dove gli abitanti delle periferie bruciavano le loro stesse auto e proprietà) vengono ricondotte da Žižek alle dinamiche dell'epoca capitalista: sono viste come un passage à l'acte privo di qualsiasi significato recondito, che testimonia solo l'impotenza dei loro autori, il disorientamento, la mancanza di una mappa cognitiva, direttamente riconducibile alle caratteristiche della società del rischio.
"La liberà di scelta goduta dal soggetto della 'società del rischio' non è la libertà di chi può scegliere liberamente il proprio destino, ma la libertà ansiogena di chi è costantemente costretto a prendere decisioni senza conoscere le loro conseguenze" (p. 58).

Le tesi di Žižek non sono sempre stringenti: non convince del tutto la lettura dei (falsi) resoconti su New Orleans solo come espressioni di razzismo, né, più in generale, il tentativo di spiegare i fenomeni sociali nei termini della psicologia individuale - ad esempio, il voler ricondurre la stigmatizzazione degli stranieri come fondamentalisti (religiosi o etnici) al desiderio di trovare un Altro che ci creda veramente, o la trasposizione sociale della patologia dell'invidia.
Spesso si ha l'impressione che Žižek si limiti a riecheggiare, in modo peraltro meno chiaro, tesi di altri pensatori (come Bauman o Balibar), ma, ciononostante, la sua critica di fondo contro la depoliticizzazione e i pericoli della proposizione in termini 'naturalistici' dei conflitti sociali rimane quantomai valida. E' una critica che Žižek ripete continuamente e che fa bene a ripetere.



2 commenti:

Anonymous ha detto...

Bel commento
condivido la critica finale
anch'io a tratti sono stato apassionato di Zizek
Però dopo un po' lascia l'amaro in bocca, lascia insoddisfatti
Matteo
piercingthereality.wordpress.com

Anonymous ha detto...

lo sto leggendo adesso. il segno di Zizek è lo straripamento, è un pensatore eccessivo e a tratti ossessivo. ma cerca sempre un punto di equilibrio tra l'espropriazione del senso prodotta dai meccanismi di condizionamento sociale - in una linea di pensiero tipicamente francese (per es.: Foucault)- e la ricostruzione del senso e della soggettività operata dalla psicanalisi. c'è ovviamente molto di Lacan in questo, con le sue concessioni al delirio che affaticano la lettura, ma c'è anche l'intelligenza di un pensiero non omologato che prova a dare significati originali a eventi che rimangono usualmente impensati o mal pensati, vedi ad es.l'analisi della rivolta delle banlieues francesi. credo sia qualcosa da cui partire per pensare.